Crac Etruria, il giorno dell'udienza monstre: 2.500 richieste di parti civili, 20 imputati

Sotto accusa tutti ex big dell’istituto, accusati di crediti facili dallo Yacht di Civitavecchia alla Sacci: 180 milioni in fumo.

I risparmiatori davanti al Tribunale

I risparmiatori davanti al Tribunale

Arezzo, 22 giugno 2017 - Erano quelli del «salotto buono», i membri del club più esclusivo che ci fosse in questa città: il consiglio d’amministrazione di Banca Etruria. In venti stamani hanno trovato il loro nome nel «ruolo» del Gip Giampiero Borraccia, accusati di bancarotta fraudolenta o bancarotta semplice per il crac (180 milioni in questo primo filone) che ha ridotto lo storico istituto di credito a una provincia dell’impero Ubi. Per di più assediati da azionisti e obbligazionisti inferociti che chiedono di costituirsi parte civile per recuperare almeno in parte quanto hanno perduto con il decreto di risoluzione della vecchia Bpel il 22 novembre 2015: 250 milioni di subordinate e alcune decine di milioni di capitale sociale residuo, ridotti a un mucchio di carta straccia.

Ecco, in questa prima giornata dell’udienza preliminare per il principale dei filoni d’inchiesta giudiziari su Etruria, i grandi protagonisti erano loro, i risparmiatori intorno a Palazzo di giustizia. Fisicamente, perchè in tanti erano lì per l’ennesimo presidio (ad esempio gli Azzerati del Salvabanche) e metaforicamente, tramite gli avvocati delle associazioni, dalla Federconsumatori alla Confconsumatori e al Codacons, che chiederanno di essere ammessi all’udienza. Per ora siamo a 2500 richieste di costituzione, ma il calcolo è ancora provvisorio. Già così, però, è un numero monstre.

Solo PER il caso Parmalat, il crac che a Callisto Tanzi è costato una condanna a 18 anni, ci furono più parti civili, addirittura 35 mila, organizzati in un unico comitato, il decuplo di adesso. Ma siamo sopra alle cifre del crac Cirio (1900 parti civili) e dalle parti del processo per l’affondamento della Costa Concordia. Questo per dire della rilevanza, anche nazionale, dell’udienza che si apre oggi. I protagonisti ormai chi segue le cronache giudiziarie di Etruria li conosce a memoria.

Due ex presidenti, Giuseppe Fornasari e Lorenzo Rosi, due ex vicepresidenti, Natalino Guerrini e Giovanni Inghirami, un ex direttore generale, Luca Bronchi, ex consiglieri d’amministrazione di peso come Augusto Federici, già a capo dell’impero dei cementifici Sacci, e Alberto Rigotti, colui che decise del passaggio di mano fra il vecchio padre padrone Elio Faralli e Fornasari con il suo voto determinante in Cda.

Potè esprimerlo, accusa la procura, perchè riuscì a sanare la sua posizione debitoria con un giro di finanziamenti che costituiscono un capitolo di bancarotta a parte. In dieci, fra cui quelli ricordati sopra, sono accusati di bancarotta fraudolenta, gli altri si sono visti derubricare il reato a bancarotta semplice. 

Il pool dei Pm che da un anno e mezzo indaga sui variopinti versanti del crac (dallo Yacht di Civitavecchia, 25 milioni in fumo, alla maxi-sofferenza, la più grossa, della Sacci di Federici, 50 milioni, e ai finanziamenti alla San Carlo Borromeo del guru Armando Verdiglioni, altri 20 milioni) presente al gran completo: il procuratore capo Roberto Rossi con i sostituti Andrea Claudiani, Julia Maggiore e Angela Masiello.

Ma solo per chiedere un rinvio che consenta la riunificazione con la seconda tranche dei crediti allegri, quello che è ancora in avviso di chiusura indagini. Stessi protagonisti, con l’aggiunta degli ex sindaci revisori (fra i qualiMassimo Tezzon, già segretario della Consob) e di Alfredo Berni, già vicepresidente, ma accusato per fidi risalenti a quando era direttore generale.