Paura tra le mura di casa: "La causa primaria è da ricercare nei traumi vissuti dal genitore"

A colloquio con lo psicoterapeuta Riccardo Domenici che segue casi analoghi "Nasce da situazioni di emarginazione e di miseria culturale ed educativa" .

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È una sorta di imbroglio emotivo. Un misto di paura, terrore e senso di colpa, quello che moltissime vittime di abusi sessuali subiscono tra le mura delle proprie case. Case costruite,, come racconta Riccardo Domenici, psicologo e psicoterapeuta che da più di quarant’anni si occupa di problemi familiari, molto spesso, su una cultura di possesso e aggressione

Dottor Domenici, ci sono contesti specifici, all’interno della famiglia, in cui questo fenomeno può svilupparsi maggiormente?

"Partiamo da un presupposto: il fenomeno dell’abuso è un fenomeno molto antico e più diffuso di quanto si pensi. Generalmente si sviluppa in situazioni di disgregazione, dove non c’è più rispetto delle situazioni, dei confini e dei ruoli familiari. La famiglia diviene soltanto convivenza, nel senso negativo del termine, ovvero le persone non riescono più a vivere nell’affetto e trovano in quello spazio un luogo adatto ai propri scopi. Qualcuno, ad esempio, vive la famiglia come una proprietà anziché come una realtà dove dovrebbe esserci amore e protezione. E in questa proprietà rientrano anche i figli, con cui l’individuo può fare ciò che vuole".

E la causa qual’è?

"La prima causa credo sia la violenza. Ad esempio, un padre che ha avuto a sua volta in famiglia episodi di questo genere, in cui l’aggressione, la violenza e il senso del possesso rientrano nella normalità, tende a ripetere questi atteggiamenti. Tutto è frutto di una miseria culturale ed educativa, di una situazione di emarginazione, a volte anche economica. Non si ha più la percezione del giusto e sbagliato, di ciò che è amore e ciò che non lo è. Abusare di una figlia significa che non c’è più un rapporto padre figlia, e della concezione di cosa un padre dovrebbe fare come tale".

Perché molte ragazze che subiscono abusi in famiglia tendono a tenerlo nascosto?

"C’è una sorta di imbroglio emotivo. Perché quando si parla di famiglia, il concetto è sempre quello per cui il proprio papà è incredibile. Dunque i bambini, che vivono male quello che accade, arrivano a pensare che vada bene perché dall’altra parte c’è una persona di fiducia. In più si aggiunge la paura di aver fatto qualcosa di sbagliato, di aver provocato loro stessi quel comportamento. E poi la vergogna: dire “mio papà è un mostro“ non è mai una cosa facile".

Quanto sono impattanti le conseguenze di questi abusi?

"C’è da lavorare molto. Le ragazze, e i ragazzi, devono riacquistare prima di tutto la fiducia nell’adulto. Se un genitore, la prima persona di cui ti fidi, diventa quella che incute paura e terrore, figuriamoci come possono avere fiducia negli altri. È fondamentale far capire loro l’importanza degli affetti e del voler bene, che non vuol dire sessualità e possessione".

In che modo?

"Innanzitutto portando al sicuro chi subisce abusi e trovando persone di riferimento, come ad esempio la mamma, che ha un ruolo cardine nel trasmettere loro l’importanza del rispetto e dell’affetto. E poi sono importanti i luoghi di incontro con i coetanei, come i parco giochi e la scuola, in particolare. È un luogo essenziale per recepire il malessere degli studenti, e un luogo in cui servirebbe non soltanto portare avanti i programmi, ma anche un percorso di educazione e comprensione di quello che accade, del disagio e della miseria culturale, per cui la scuola potrebbe essere un deterrente".

Gaia Parrini