Strage ferroviaria. Il dolore trasformato in battaglia di civiltà: le emozioni in un film

All’Eden l’anteprima de 'Il sole sulla pelle'

Una manifestazione dei parenti delle vittime della strage di Viareggio

Una manifestazione dei parenti delle vittime della strage di Viareggio

Viareggio, 16 dicembre 2018 -  E' la storia di un ritorno alla vita, di come sia possibile trasformare il dolore in una battaglia di civiltà. Domani sera al cinema Eden di Viareggio è in programma l’anteprima nazionale de Il sole sulla pelle, il film di Massimo Bondielli e Gino Martella che racconta la strage di Viareggio attraverso gli occhi e l’anima di chi è rimasto e, ogni giorno, riesce a guardare avanti per dare giustizia a chi non c’è più.

Il sole sulla pelle segue la scia di Ovunque proteggi, documentario con il quale i due autori sono stati premiati al festival di Cannes. Il filo rosso è la vicenda personale di Marco Piagentini, emblema ideale di un percorso che, attraverso il dolore e la perdita, trova una nuova prospettiva. «Di fronte alla strage di Viareggio – spiega lo sceneggiatore Gino Martella – i punti di vista su cui costruire la narrazione erano molteplici. Abbiamo deciso di concentrarci sulla storia di Marco perché rappresenta il dolore di tutti i familiari. Non potevamo raccontare tutta la montagna, abbiamo deciso di raccontare un sentiero di quella montagna, a nostro avviso il più significativo».

La cinepresa segue Marco e il suo lento riaffiorare, che coincide con la ricerca della verità da parte di tutta l’associazione Il mondo che vorrei. Quei gesti che per tutti noi sono semplici o banali, come andare in bicicletta o camminare su una spiaggia, per Marco diventano infatti il simbolo di una rinascita. «Il nostro obiettivo, fin da subito – racconta Massimo Bondielli - è stato quello di andare in profondità, verso l’anima di persone che hanno dovuto convivere con un dolore così assoluto. Raccontando le persone, la loro quotidianità, siamo riusciti a far emergere il senso civile e politico di una lotta che interessa tutti».

Un percorso lungo, durato più di quattro anni nei quali i due autori si sono avvicinati ai familiari delle vittime in punta di piedi, con prudenza e rispetto. «e pensare che la prima volta – ricorda con un sorriso daniela rombi – li avevo scambiati per agenti della digos. Era durante una nostra manifestazione a lucca, c’erano questi due ragazzi, con il cappuccio, l’eskimo e le barbe lunghe che ci riprendevano con una telecamera. Ho pensato: cosa vorranno mai da noi…». Da quel giorno è nato un rapporto che si è sviluppato ben oltre il film. «Il loro più grande pregio – continua Daniela Rombi – è stata la pazienza. non hanno corso contro il tempo, hanno imparato a conoscere noi e il nostro dolore, hanno condiviso le nostre battaglie e le nostre delusioni». Le immagini del trailer scorrono e Daniela trattiene a stento l’emozione. E mentre Marco pedala verso una nuova vita, il fischio di un treno anticipa la dissolvenza finale e ricorda a tutti noi il dovere di non smettere mai di raccontare questa lotta di verità e di giustizia.

Michele Nardini