Uccise il figlioletto, "Ho tolto la vita a Alex ma non ricordo nulla"

Il caso dell'ottobre 2021: Katalin Bradacs è stata rinviata a giudizio. Il processo davanti alla Corte d’Assise inizierà il 12 gennaio

Erzsebet Katalin Bradacs, 44 anni, con il figlio Alex Juhasz, 2 anni

Erzsebet Katalin Bradacs, 44 anni, con il figlio Alex Juhasz, 2 anni

Perugia, 9 novembre 2022 - ​«L’ho ucciso io, ma non ricordo nulla". Inizierà il 12 gennaio del 2023 il processo a carico di Katalina Erzsebet Bradacs, rinviata a giudizio ieri mattina dal giudice per l’udienza preliminare Margherita Amodeo. L’ex ballerina ungherese è in carcere dal 1 ottobre del 2021, giorno in cui - come lei stessa ha confessato in aula ieri - ha tolto la vita al figlio Alex di appena due anni

. Non è la prima volta che la donna ammette l’efferato crimine, lo ha già fatto con i periti incaricati dal tribunale di tracciare il suo profilo psichiatrico nei mesi trascorsi in carcere, ma l’ammissione - per quanto risulta - si è sempre fermata nel momento in cui viene chiesto conto di cosa accadde in quelle ore fatali in cui al confine tra Chiusi e Po’Bandino a Città della Pieve la donna camminò spingendo il passeggino con il bimbo fino ad un viottolo che conduce ad un casolare abbandonato, per poi ricomparire più tardi nei filmati delle telecamere della zona, con in braccio il piccolo portandolo in braccio fino ad un vicino supermercato chiedendo aiuto.

Ma Alex era già morto, ucciso con colpi sferrati "in rapida sequenza sette volte al collo, al torace e all’addome con un coltello o comunque con un’altra arma bianca", secondo la ricostruzione fatta dalla Procura sulla base dell’esame autoptico.

Il gup ha deciso che la donna, difesa dall’avvocato Enrico Renzoni, dovrà essere processata davanti alla Corte d’Assise del Tribunale penale di Perugia. Il padre del bambino, dal quale si era separata, si è costituito parte civile con l’avvocato Massimiliano Scaringella e in aula ieri mattina era presente anche il console ungherese.

La donna ha fornito versioni diverse nelle varie fasi successive il delitto: alla cassiera del supermercato ha detto che il bambino si era ferito per una caduta nel parcheggio, ai carabinieri, Katalin ha parlato di "un uomo nero" che avrebbe fatto del male al bambino, e "con gli indumenti sporchi di sangue e le unghie incrostate di tracce ematiche secche" era scritto nell’ordinanza "ha riferito di aver lasciato il figlio dormire in un caseggiato abbandonato e di aver visto un uomo extracomunitario che si allontanava dal casolare".

Secondo l’accusa persino quella ferita al braccio della donna, riscontrata dai sanitari, "sembra una messa in scena" ed è sempre lei che dal giorno prima del delitto - questo è un passaggio chiave del provvedimento con cui era stato convalidato l’arresto - quando le era stato trovato un coltello in borsa aveva riferito ai carabinieri di essere spaventata dalla presenza di immigrati pericolosi aggiungendo testualmente che "i neri violentano le donne e ammazzano i bambini", quasi anticipando quello che poi il giorno dopo nell’immediatezza avrebbe detto essere accaduto a suo figlio. La difesa ha sempre sostenuto la tesi della totale incapacità di intendere e volere.