REDAZIONE UMBRIA

Agraria, tra i chiostri e i lecci del conclave

Il Dipartimento è nel Complesso monumentale di San Pietro. Il direttore Martino: "Luoghi di studio e di storia". Che vanno tutelati

Con la prima tappa al Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e ambientali, inizia il viaggio de La Nazione tra i “tesori“ dell’Ateneo perugino. Un patrimonio artistico, storico e ambientale che spesso i cittadini non conoscono e a cui le istituzioni destinano poche risorse. Agraria è ospitata nel Complesso monumentale di San Pietro in borgo XX Giugno,roccaforte dei benedettini di cui c’è traccia in ogni pietra. Di proprietà della Fondazione per l’Istruzione Agraria, aule e laboratori trovano spazio anche in edifici dislocati a San Pietro e a San Costanzo, compresi i chiostri.

Ci accompagnano il direttore, professor Gaetano Martino, il prorettore Roberto Rettori e il professor David Grohmann. "Il Dipartimento opera affinché i compiti istituzionali (ricerca, didattica e terza missione) siano svolti nella cura dei luoghi, in modo da coordinarsi con la Fondazione che si adopera per favorire la loro fruizione sotto il profilo culturale, storico e religioso".

I Lecci del conclave: mentre camminiamo tra serre e coltivazioni rare, lo sguardo viene catturato da 4 alberi secolari. Voce di popolo, forse sconfinando nella leggenda, narra che quel tetto di rami funse addirittura da luogo del conclave che vide papa Onorio III (1216). Una vulgata più cauta spiega invece che i lecci ospitarono il tempo libero dei grandi elettori e del papa stesso, che a Perugia si trattenne per tutto luglio prima di ripartire per Rieti. Questa la storia, quanto al presente e al futuro di questo patrimonio verde, il professor Martino spiega "che il gruppo di piante, disposte in circolo, un tempo segnava l’incrocio di serre gestite dai monaci ed è ben identificabile in numerose antiche mappe. Un progetto dell’architetto Linda Pettinelli (responsabile per l’Ateneo, l’ ingegner Bonforte) ne ha previsto la messa in sicurezza e la valorizzazione". Ne varrebbe la pena.

Silvia Angelici