Stop frammentazione del sistema produttivo Fusioni e acquisizioni: una scelta strategica

Federico Mussi e Piero Manaresi, partner PwC Italia: "Indispensabile raggiungere una massa critica di aziende in termini dimensionali per migliorare il posizionamento competitivo delle imprese sui mercati esteri" .

Stop frammentazione  del sistema produttivo  Fusioni e acquisizioni:  una scelta strategica

Stop frammentazione del sistema produttivo Fusioni e acquisizioni: una scelta strategica

di Lisa Ciardi

FIRENZE

Le operazioni di M&A, ovvero le fusioni e acquisizioni, hanno un ruolo fondamentale nel processo di creazione di "campioni nazionali". Questo perché il tessuto imprenditoriale italiano, storicamente, è sempre stato caratterizzato da una fitta rete di piccole medie imprese (Pmi) e da un numero più ridotto di grandi aziende. Questo tipo di struttura imprenditoriale pone il nostro asset produttivo in una posizione anomala rispetto al resto dell’Unione Europea. "Tale peculiarità ci ha permesso nel tempo di sviluppare un sistema specializzato e molto flessibile - spiega Federico Mussi, partner di PwC Italia - ma rappresenta oggi un fattore di minore competitività, in un mercato sempre più caratterizzato da grandi players. Il raggiungimento di una ‘massa critica’ in termini dimensionali è quindi un fattore cruciale per attivare economie di scala e attrarre risorse e competenze necessarie a migliorare il posizionamento competitivo dell’azienda sui mercati esteri". Gli imprenditori hanno quindi la necessità di confrontarsi con percorsi di consolidamento e crescita che combattano la frammentazione del sistema produttivo. La modalità più veloce che un’azienda ha per crescere è per via inorganica, ossia attraverso l’acquisizione o la fusione con aziende terze.

Queste operazioni permettono di ottenere velocemente l’accesso a nuovi "know-how", prodotti, clienti, mercati geografici e competenze manageriali, senza la necessità di doverli "costruire" in casa. "Le acquisizioni e le fusioni svolgono un ruolo indispensabile per il sistema Paese, perché tali scelte strategiche permettono alle società di creare collaborazioni e raggiungere dimensioni competitive anche sul mercato internazionale – prosegue Federico Mussi -. Nel nostro Paese, tali operazioni hanno sperimentato un’accelerazione nel post pandemia. Nel 2022, infatti, ne sono state concluse circa 971 in Italia (+31% rispetto ai 742 deal chiusi nel 2021), per un valore pari a circa 89 miliardi di euro (+11% rispetto al 2021). Tuttavia, nel 2022, l’attività di M&A è stata frenata a livello globale dall’incertezza geopolitica e dalle condizioni economiche meno favorevoli (meno crescita, più inflazione e tassi di interesse in salita), acuite dalla guerra russo-ucraina, che hanno caratterizzato la prima metà del 2022".

Infatti, secondo il "Global M&A Industry Trends: 2023 Outlook" pubblicato da PwC, a livello globale, a inizio 2023, si sono registrate 54.452 operazioni di M&A, in calo rispetto alle 65.643 del 2021. Il volume di operazioni si è però mantenuto superiore rispetto ai livelli pre-pandemici (50.080 nel 2019). Complessivamente, nel 2022, i deals hanno avuto un valore pari a 3,3 trilioni di dollari (5,3 tln nel 2021), mentre a livello Emea invece i deals sono stati 20.408 (23.086 nel 2021), per un valore complessivo di 894 miliardi di dollari (1.412 mld nel 2021).

"I fattori che hanno contribuito a mantenere i numeri, seppur in calo, delle operazioni M&A al di sopra dei livelli pre-pandemici – spiega Piero Manaresi, partner di PwC Italia - sono stati la resilienza delle catene di fornitura, la necessità di ottimizzare il portafoglio prodotti, la crescente importanza delle tematiche Esg e la sempre maggiore spinta alla digitalizzazione dei modelli di business. Si prevede che questi fattori continueranno a essere alla base delle operazioni durante tutta la prima metà del 2023, malgrado la crescente incertezza economica".

Gli attori coinvolti in queste transazioni sono sia imprese che puntano alla crescita, sia fondi di Private Equity (Pe), che mirano alla creazione di singole entità più grandi tramite acquisizioni di Pmi dello stesso settore. I fondi di Pe sono diventati un motore dell’attività di M&A a livello globale: in particolare, le operazioni da loro effettuate sono passate da circa un terzo del totale 5 anni fa a quasi la metà del totale nel 2022. A livello italiano, nel primo semestre del 2022, la raccolta è stata pari a 1,7 miliardi di euro e l’ammontare investito di 10,9 miliardi. In questo periodo, si sono registrate 338 operazioni, concentrate soprattutto in Lombardia (39,2% del totale), Emilia-Romagna (11,1%), Lazio (9,9%), Piemonte (9,9%) e Veneto (9,2%). I settori più attrattivi sono stati l’Ict (22,8% del totale), quello dei beni e servizi industriali (11,8%), dei servizi per il consumo (10,9%), delle attività finanziarie e assicurative (8,9%) e medicale (8,9%).

Un’altra modalità che le imprese hanno per reperire risorse e perseguire opportunità di crescita è la quotazione su mercati regolamentati, tramite un processo di Initial Public Offering (Ipo). Il 2022 ha registrato un netto calo per Borsa Italiana, con 26 debutti (contro i 49 nel 2021). A livello europeo, nel 2022, si sono registrate 102 nuove Ipo, con una raccolta complessiva di 15,6 miliardi di euro. Nello stesso periodo del 2021 le Ipo erano state 422 e la raccolta di 75 miliardi. "Questa forte diminuzione nel numero di Ipo nel 2022 – spiega Piero Manaresi - è dovuta al drastico aumento della volatilità sui mercati azionari globali, a causa soprattutto della guerra in Ucraina e delle politiche monetarie restrittive che le banche centrali dei paesi del G7 stanno mettendo in atto per combattere un’inflazione che per il 2022 e, in misura inferiore, per il 2023 è ben sopra il target del 2%, negli Usa, nell’Eurozona e nel Regno Unito".