LUIGI FICACCI*
Teatri

Tra lago e mare sulle note immortali "Questo paesaggio è una meraviglia che divenne musica nelle opere"

Il presidente della Fondazione Festival Puccini getta le basi per il doppio centenario 2014-2026: "Interpreto il mio ruolo per la salvaguardia delle partiture pur con innovativi allestimenti visuali".

Tra lago e mare sulle note immortali  "Questo paesaggio è una meraviglia  che divenne musica nelle opere"

Tra lago e mare sulle note immortali "Questo paesaggio è una meraviglia che divenne musica nelle opere"

di Luigi Ficacci*

Una sensazione del tutto nuova, per me, quella di ritrovarmi, da soli pochi mesi, in questo ruolo che giudico di assoluto prestigio, oltre che di grande responsabilità, per il quale ringrazio il Sindaco di Viareggio Giorgio Del Ghingaro. Una esperienza nuova che mi accingo ad affrontare con un sentimento di umiltà e con emozioni diverse da quelle vissute sino ad oggi dalla platea in veste di spettatore.

Per l’intero secolo XIX, quanto nei primi anni del XX, fino alla Grande Guerra, il teatro, lirico quanto di prosa, è una costante della vita. Così presente nella società che le emozioni della scena entrano invadono imprescindibilmente il quotidiano, ne sono un rito tanto diffuso da essere normale. In questa consuetudine, Puccini immette una speciale trasformazione di intensità e veridica credibilità. E profondità. Poche opere, ciascuna capace di creare una propria inconfondibile atmosfera. un mondo diverso per ogni opera, che è qualcosa di più profondo dell’ambientazione scenica. L’effetto, insomma, non è il prodotto di una trama drammaturgica e la musica non è la superficiale enfatizzazione melodica di un testo poetico. Si tratta di atmosfere integralmente derivanti dalla invenzione musicale: tutte interne alla partitura, atmosfere inscindibilmente vocali e strumentali. L’eccezionalità di Puccini sta, credo, nel cogliere ed esprimere totalmente nella musica il sentimento di situazioni profondamente umane. Radicate nella natura sensibile più intima dell’individuo, come l’amore. Tanto da costituire l’enigma condizionante qualsiasi trama. Tra espressione vocale e sinfonica la partitura di Puccini contiene tutto. Interpretare ad ogni esecuzione questa totalità è il parametro di libertà che rende il panorama dei suoi dodici titoli un universo inesauribile. In questo ruolo che mi è stato affidato il mio impegno sarà quello di salvaguardare l’identità della partitura pucciniana pur affidandoci a nuove ed innovative interpretazioni visive, magari anche affidandoci al lavoro di un grande artista visivo come è stato per il progetto Scolpire l’opera o come lo stesso Puccini fece con Galileo Chini.

Tra gli impegni e le priorità della Fondazione Festival Pucciniano vi è quello di celebrare come merita Giacomo Puccini con il Festival a lui dedicato. L’eccezionalità costituita dal centenario della morte – e tra due anni quello della prima esecuzione di Turandot – sarà l’occasione per magnificare i luoghi di Puccini. Diffonderne la conoscenza e consapevolezza. Con cura delicata, per conservare -per quanto sia possibile a distanza di cento anni- quel senso di autoprotezione nei modi del proprio vivere che gli garantissero una stato esistenziale di autenticità. E quanto autentica fosse la ricerca dell’abitare, per garantire un tale rapporto con l’umano e con il naturale, lo esprimono ancora i suoi luoghi. E’ la ragione per cui è così importante conservarne vitale, per quanto possibile, l’originalità. Garantendone però la funzionalità di accoglienza e accessibilità, tanto materiale che intellettuale, come richiede un Festival che richiama molti amatori non solo europei e che ha luogo in un ambiente dal fascino inesauribile e volubile. Questo continuo mutare di sembianze e luci del paesaggio nelle ore del giorno e nelle stagioni dell’anno, tra lago, monti, padule, vegetazione selvatica, canali e laggiù, a poca distanza, che pare siderale, il mare. Paesaggio, come ce n’è tanti in Italia. Ma questo paesaggio ha una sua espressione musicale. Lo si ritrovi proiettato nelle notti romane di Tosca, in quelle parigine della vita di Bohème o tra i barconi delle rive della Senna del Tabarro, o nella California della Fanciulla del West, quanto negli orizzonti scrutati da Butterfly, sono sempre le straordinarie sensazioni di questo volere vivere di Puccini in questo ambiente naturale che si trasforma in musica. E questi luoghi, quanto quel pianoforte conservato a pochi metri dal Teatro, risuonano di questa trasfigurazione. È per questo che non ci si può abituare alla meraviglia unica del paesaggio di Torre del Lago.

*Presidente Fondazione

Festival Pucciniano