
Vettori La lunga vita del mister che allenava per essere felice
"Massimino, te puoi scrivere di calcio, di storia, di donne o di formaggi, farai sempre poesia!". Così mi salutava, nella sua ultima telefonata Uliano Vettori, qui ritratto da Mattioli nell’esercizio del mestiere di tutta una vita, l’allenatore. Era un uomo dolcissimo: chi l’avrebbe mai detto, lui così severo quando sedeva in campo, oppure nei segreti degli spogliatoi, quando c’era da guardarsi negli occhi con i giovani di tante generazioni. Aveva iniziato nel 1966 nella Volterrana per proseguire fino al 1995. Una vita da allenatore, un ruolo che prevede essere psicologo, padre, amico, quello che ti tira fuori dai guai.
Il suo grande amore calcistico è stato il Poggibonsi, dove arriva nel 1971 dopo aver allenato la Colligiana. Non aveva mai dimenticato le gloriose origini del calcio, il fatto che sia popolare perché in ogni angolo del mondo, c’è sempre un bambino che gioca con un pallone fra i piedi.
Il calcio è il regno della lealtà e del suo contrario, un ossimoro vissuto all’aria aperta. Il calcio è uno sport splendidamente imperfetto che lascia spazio all’improvvisazione, meglio del basket e della pallavolo, dove il tecnicismo è maniacale. E’ musica, danza, armonia. Ci veniva spesso a trovare al Franchi di Siena dove lo ospitavamo volentieri: con lui c’era quasi da scommettere che le religioni sono nate solo perché ancora non esisteva il calcio. Era un uomo dai campi spelacchiati, sempre in bilico fra professionismo e quel senso di amatore che rende tutto un po’ eroico, dove per farsi notare il carattere e il talento contano in egual misura.
Gli altri allenavano per vincere, Vettori lo faceva per essere felice. E questo si vedeva. Che strano destino passare da una panchina all’altra. L’allenatore è sempre il primo responsabile quando la squadra va male, tanto che questi signori si dividono proprio in due categorie: chi è stato licenziato e chi aspetta di esserlo. Vettori era un leader e aveva un intuito sui giocatori incredibile, ma anche sapeva vedere quali giovani colleghi avrebbero fatto carriera. I toscani poi sono una razza speciale, da Allegri a Spalletti, per non parlare delle precedenti generazioni. Tutti passati attraverso i suoi consigli. Un vero maestro, un grande allenatore deve essere un leader che ha la capacità di creare altri leader che in campo riportano idee, valori e carattere. Ci mancheranno i suoi commenti puntuali: ne sanno qualcosa Mattioli, e poi Luchini e Ciani, altri compagni di scuola in questi ultimi anni in cabina stampa. E mi mancherà la tua affettuosa telefonata.
Massimo Biliorsi