Uomini violenti, serve un centro: "Operatori formati: ora i fondi"

Summit con istituzioni e addetti ai lavori. "Firenze e Grosseto non ce la fanno più ad accogliere anche i nostri"

di Laura Valdesi

Manca a Siena un Centro per uomini che maltrattano. Struttura non più rinviabile, visto il crescere dei casi. Questo l’argomento al centro di un incontro ieri all’Università a cui hanno partecipato forze di polizia, magistrati, Asl, Comune e associazioni.

Filippo Franchi, responsabile dell’area sociale della Misericordia che ha coordinato il progetto di ’Siena sociale’, com’è nata l’idea?

"Alcuni anni fa abbiamo iniziato ad occuparci, come Misericordia di Siena, di violenza di genere da quando è stata aperta la ’Domus Concordiae’. Non è una casa protetta, comunque una struttura che accoglie donne in stato di fragilità. La gran parte di loro viene da contesti di violenza. Dal 2011 ci occupiamo di questo settore. Nel 2019 il tema è stato declinato in modo diverso, sensibilizzando gli uomini, anche con attività di concerto con ’Donna chiama Domnna’. Poi lo stop per il Covid. Ma quando due anni fa è stata progettata ’Siena sociale’ abbiamo inserito un’attività specifica di sensibilizzazione degli uomini al tema della violenza di genere. Siamo inoltre andati nelle scuole, creando spot radio".

Non solo: sono stati formati anche operatori ad hoc.

"E’ stato utilizzato un ulteriore finanziamento per fare formazione creando operatori specifici per un Centro di ascolto per uomini autori di violenza. Uno sono io, in tutto nove persone".

Il Centro dove sorgerà?

"Con il progetto regionale per il quale abbiamo ottenuto i fondi ci è stata data una stanza dall’Auser. Per adesso saremo ospitati qui".

State già seguendo alcuni casi?

"Sì, sono gli avvocati a mandarli da noi. Non è ancora un Centro ufficiale perché per fare un polo di ascolto ad hoc serve una regolamentazione della conferenza Stato-Regioni. Per adesso facciamo percorsi di sensibilizzazione. L’auspicio è diventare come il Cam (Centro ascolto uomini maltrattanti) di Firenze che ci ha formato. Ciò vuol dire ottenere una serie di prerogative, oltre a regole di funzionamento che garantiscono la bontà dei percorsi per quanto non si tratti di una malattia da cui si guarisce. Esistono però test da fare, indici di rischio".

Chi viene da voi adesso?

"Tre uomini che ci hanno, come detto, inviato gli avvocati. In estate un ragazzo che ha effettuato un percorso. Con ’Siena Sociale’ aperto anche uno sportello per l’aggressività: mettendo insieme quest’ultima e la violenza di genere si è creato un cuneo in cui tentiamo di inserire il Centro".

Quale è stato l’obiettivo dell’incontro all’Università?

"Sensibilizzare gli enti. O occorrono risorse. L’auspicio è che si trovino finanziamenti perché è possibile che pubblico e terzo settore si intreccino in questi contesti, lavorando insieme per aprire un servizio che a Siena è necessario. Il Centro di Firenze non riceve più gli uomini di Siena, a Grosseto non ce la fanno ormai a gestire anche i nostri".

Le persone che in genere vanno ad un Cam lo ritengono utile?

"Solitamente non lo frequentano volentieri essendo convinti di non aver fatto nulla di grave. Magari gliel’ha tirate fuori dalle mani la moglie perché è lei che lo pungola, sostengono. E via dicendo. In larga parte vengono obbligati da un giudice al percorso di mesi".