Stragi di via D'Amelio e di Capaci, il messaggio dei giovani delle Contrade

"Se ogni giorni è legalità, ogni domani sarà rispetto. Questione di mentalità"

I giovani delle Contrade alla festa della legalità

I giovani delle Contrade alla festa della legalità

Siena, 24 maggio 2022 -  Ecco il testo letto da tre contradaiole di Chiocciola, Selva e Bruco in rappresentanza delle 17 Consorelle ieri alla cerimonia organizzata dalla prefettura e dall'Anm per ricordare i 30 anni dalle stragi di Capaci e via D'Amelio.

"Nel Campo in lotta, al di fuor sorelle. Recita così, un detto a noi caro, per identificare lo spirito che unisce le 17 Contrade della nostra città. Un valore che unisce e non divide le 17 Consorelle che sono esistenza territoriale nella Siena di ieri, oggi e del futuro. Oggi siamo nuovamente qua per ricordare e ricordarci che per cercare di vivere quel valore, c’è bisogno della memoria. Le fondamenta del passato sono la stabilità del presente e nel loro insieme, il trampolino per il futuro. Il nostro futuro. E ci vuole l’impegno di tutti. Come per creare una nuova cultura alla legalità. Una cultura del rispetto e della socialità. Dove i cittadini sono attivi e responsabili. Sta tutto nelle nostre mani. E non importa che siano all’inizio poche mani. L’importante che siano unite. Come in una Contrada. Come sorelle sono le Contrade, che sì, lottano nella Piazza, ma in quella stessa Piazza si uniscono per iniziative solidali e collettive. Entrare nella realtà delle Contrade non è semplice. Non ci sono manuali o prontuari per calarsi nella mentalità contradaiola. È l’arcaico rito che va avanti da secoli. È un groviglio di sensazioni e colori, che non basta aver appreso quattro parole per poter parlare con la storia. Ma quando la vita in città si riempie di bandiere, di suoni di tamburi e di squilli di chiarine. Quando si possono osservare i ragazzi, fieri, indossare vesti antiche. Calzamaglie come fossero abiti civili. Tutto appare chiaro. È la mitologia di un popolo che di padre in figlio, di nipote in nipote, vive e rivive le stesse emozioni nei gesti, nelle parole. È rispetto per la tradizione. È rispetto per la memoria. La memoria di chi ha lottato per un’identità e chi lo ha fatto per lasciarla in eredità a chi fosse venuto dopo. E la memoria porta frutti solo se tramandata, se vive nel presente di noi giovani, nel suo valore di esempio, di eredità da custodire, se diventa testimonianza. Questione di cultura. Questione di mentalità. Anche la legalità è solo una questione di mentalità. Di volontà di agire, di credere. Così come ci hanno creduto quegli uomini dello Stato che sono caduti per difenderne i colori. Il tricolore di una patria che a volte li ha lasciati soli. Falcone, Borsellino e tutti gli altri. Donne e uomini che credevano nella legalità. Che indossavano una divisa. Illustri nomi e sconosciuti. E poi, loro. Le vittime innocenti che più son vicine a noi. Tutte quelle ragazze e ragazzi, bambine e bambini che inconsapevolmente hanno perso la vita senza un perché. Ad oggi, sono 122 i minori vittime di mafia, di cui 85 sono bambini (tra gli 0 e i 14 anni). Vorremmo elencare i loro nomi, far sentire il loro pianto. E il dolore delle madri, delle sorelle. Dei fratelli e dei padri. Loro, come tutti, hanno un seme da tramandarci. La mentalità del rispetto. Rispetto della legalità e il coraggio di difenderla. Questione di mentalità, che a Siena, nelle Contrade si cerca di preservare, custodire e distribuire, come un tesoro. Un tesoro di memorie che siano leva per il cambiamento dei tempi. Che siano equilibrio e armonia con la città. Che siano spinta per migliorare il futuro. Il nostro futuro. In un periodo storico come questo, noi giovani viviamo l’oggi come un’incognita posta nella grande equazione della vita. Il domani è la soluzione che risulta una difficile sicurezza e forse ci vuole coraggio per affrontare quel domani. Un grande uomo che ha combattuto per il domani, che ha dato la vita per un domani migliore disse: “Certe cose non si fanno per coraggio, si fanno solo per guardare più serenamente negli occhi i propri figli e i figli dei nostri figli.” Era il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e forse aveva proprio ragione. Non è questione di coraggio. È volontà di credere. Voglia di sperare e di creare un futuro migliore per i figli e i figli dei nostri figli. Voglia di trasformare quell’incognita in certezza. Una certezza fatta di dignità, rispetto e legalità. Il Generale Dalla Chiesa fu ucciso perché combatteva un sistema. Combatteva l’illegalità. Combatteva per migliorare il futuro. Il nostro futuro. Un futuro che nelle Contrade, proprio noi giovani possiamo migliorare. A partire dai sedici anni, attraverso una cerimonia tutta nostra, possiamo cominciare a vedere con gli occhi dei grandi quello che fino a ieri era solo il mondo dei cittini. Possiamo cominciare ad assistere alle assemblee, possiamo votare e migliorare la Contrada dal di dentro. Paolo Borsellino disse: “Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perché il vero amore consiste nell'amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare.” Con questa frase afferma come profondamente si deve entrare nella realtà dove si vive per capirla, comprenderla e per cambiarla. Ma soprattutto per renderla migliore. Eh sì, perché quel “poter cambiare quello che non ci piace, nella Palermo di Borsellino”, rapportato a Siena e alla sua realtà di Contrade, è un poter migliorare quello che si ama da sempre. Fin da quando, inconsapevoli neonati, ci hanno consegnato i colori che distingueranno il destino della nostra vita. Il nostro ingresso alla vita attiva della Contrada, non è l’investitura per cambiare ciò che è la propria Contrada o addirittura il Palio stesso, bensì è la possibilità, calandosi nel suo interno, di contribuire a migliorare la sua esistenza, la sua fortificazione per mantenere viva la tradizione, la sua storia. La sua memoria. E tener viva la memoria di chi ha sacrificato la propria vita per combattere contro la mafia e affermare i valori della legalità deve suscitare lo stesso effetto. Una delle ragioni per cui le Contrade vivono la loro continuità sociale consiste, forse, proprio perché la memoria, le tradizioni e il rispetto sono valori solidi nella sua appartenenza ad essa. L’appartenenza diventa, quindi, ritualità, linguaggio e mentalità. La cultura della legalità, allora, dovrebbe essere insegnata come mentalità. L’impostazione di ogni domani sarebbe pieno, traboccante di legalità. E se ogni giorno è legalità. Ogni domani sarà rispetto. È questione di mentalità".