Ridateci la libertà di essere adolescenti

Tante parole dell’era Covid sono sinonimo di privazione dei diritti e ci resteranno tatuate nel cuore

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Se come ci hanno insegnato ‘libertà è partecipazione’, oggi ci chiediamo: dove sono finite le nostre libertà? Un anno fa non sapevamo che la nostra vita sarebbe cambiata totalmente. All’inizio ognuno di noi era contento di stare a casa qualche giorno. Ma ben presto i giorni di emergenza aumentavano, erano monotoni e interminabili. Le nostre libertà svanivano DPCM dopo DPCM. Più il tempo passava, più la speranza di tornare alla vita normale si abbassava, fino a spegnersi completamente. La gabbia di solitudine, in cui eravamo rinchiusi dal virus, si fortificava sempre di più. Nessuno avrebbe mai pensato che quel martedì 3 marzo 2020 sarebbe stato l’ultimo giorno da cittadini liberi. La sera in televisione sentimmo parlare di una probabile chiusura delle scuole e dei luoghi pubblici, rimanevano aperti i negozi che vendevano beni di prima necessità. 8 Marzo 2020 il primo vero lockdown. In quel momento iniziò la tempesta. Una tempesta di emozioni concentrate, ma contrastanti e su uno sfondo surreale. Le vie più affollate delle città diventavano sempre più deserte, calate in un silenzio assordante. Tutti gli italiani furono chiamati a fare sacrifici. Le cautele imposte dallo Stato per tutelare la nostra salute e quella dei nostri cari ci privavano contemporaneamente delle nostre più care libertà personali. I rapporti extra familiari diminuivano in modo rapido, fino a cancellarsi totalmente. In cambio del nostro isolamento c’era, e c’è ancora oggi, la salute delle persone che ci sono più care: i nostri nonni. Loro vengono considerati come i soggetti maggiormente a rischio contagio. Molte parole, di cui prima non sapevamo neanche l’esistenza, in pochi giorni entrarono a far parte del nostro vocabolario, mentre altre assunsero significati diversi, divennero barriere insormontabili per le nostre libertà. Assembramento: divieto di stare in compagnia, nessun rapporto tra amici, parenti o altri affetti. DPCM: decreto presidenziale Consiglio dei Ministri. Ogni domenica ci veniva tolta un’ulteriore libertà senza speranza di poter tornare alla normalità. Mascherina: dispositivo di protezione facciale. Ricordiamo ancora la sensazione provata la prima volta che l’abbiamo indossata, mancanza d’aria, forte mal di testa. Prima la vedevamo solamente ai chirurghi e a quelle persone che venivano da Paesi soffocati dallo smog. Non si poteva più neppure mostrare il sorriso. “Non toccatevi”, “State distanti”, “Non scambiatevi le penne”. Tante parole e tante frasi che, ancora oggi a distanza di un anno, sono diventate sbarre per la nostra libertà. Sono sinonimo di privazione di diritti e ci resteranno impresse nel cuore e nella mente come un tatuaggio indelebile. Se ora qualcuno ci chiedesse “Che libertà vorresti?” Sicuramente risponderemmo “Tornare a vivere come prima”.