"Le varianti hanno messo in crisi molti degli anticorpi monoclonali sviluppati fino ad ora. Quelli sviluppati nei laboratori di Tls per fortuna appartengono ad anticorpi monoclonali di seconda generazione che riescono a neutralizzare anche le tre principali varianti, inglese, sudafricana e brasiliana". Rino Rappuoli, ad di Gsk Vaccines e coordinatore del team Mad Lab in Tls, ripete questo concetto nelle interviste e in tante trasmissioni televisive. Esaltando l’efficacia degli anticorpi selezionati dai ricercatori di Toscana Life Sciences e aggiungendo che "stanno per entrare in fase clinica di sviluppo, la prossima settimana o la successiva e aspettiamo siano pronti prima dell’estate".
Su queste pagine ogni piccolo passo avanti sul fronte degli anticorpi monoclonali è stato registrato in anticipo. Compresa la forza degli anticorpi made in Siena, "più potenti di altri oggi disponibili, ad esempio quelli usati per Trump - ha ripetuto Rappuoli - che hanno bisogno di essere infusi solo per via endovenosa in grandissima quantità. Dei nostri ne servono molti meno e quindi sono meno costosi. Inoltre possono esser fatti con un’iniezione fatta ovunque, senza andare in ospedale. Siamo confidenti che i test andranno bene, perché i dati che abbiamo finora sono buoni. Fino all’ultimo non si può dire".
Tutto bello, tutto magnifico. Ma c’è un interrogativo che incombe su queste speranze: perché non sono ancora partiti i test clinici? Le dosi per i pazienti contagiati e per quelli sani, assieme ai placebo, sono pronte da tempo, inviate dalla Menarini di Pomezia. Il via ai test era previsto a gennaio, poi è slittato di qualche giorno. E ad oggi manca ancora la data ufficiale. Da Tls sperano che l’inizio dei test clinici arrivi i primi di marzo. E da aprile, il mese auspicato dal presidente Giani per gli anticorpi pronti, siamo già arrivati agli inizi dell’estate.
Stessa sorte per i 41 milioni annunciati da Invitalia e Ministero della Sanità per il progetto. Dopo gli annunci, servono le firme.
P.D.B.