Giovane tassista strangolata a Siena, il caso si riapre dopo ventitré anni

Esami del dna per un uomo che è stato interrogato a lungo. Molte ipotesi, manca ancora il movente

Il corpo di Alessandra Vanni nel suo taxi a Castellina in Chianti, agosto 1997

Il corpo di Alessandra Vanni nel suo taxi a Castellina in Chianti, agosto 1997

Siena, 5 novembre 2020 - L’uomo sale al primo piano di palazzo di giustizia con il suo avvocato per essere ascoltato dagli investigatori. Il volto un po’ segnato dal tempo. Era giovane quando Alessandra Vanni, 29 anni, alla guida del taxi dello zio, venne strangolata dietro al minuscolo cimitero di Castellina in Chianti. Era la notte fra l’8 e il 9 agosto 1997. Per quasi un quarto di secolo il suo assassino è rimasto un fantasma, nonostante lettere anonime inviate anche al nostro giornale da un ‘corvo’ in occasione della ricorrenza dell’uccisione, l’arresto di persone poi scagionate perché non c’entravano con l’omicidio, persino una salma riesumata in un cimitero alle porte della città del Palio, quello di Uopini.

Ma la Procura di Siena non ha mai cessato di cercare la verità su questo delitto senza colpevole degno della serie americana ‘Cold case’. Riaprendo nuovamente il caso, qualche settimana fa, procedendo per omicidio aggravato e rapina: il borsello della donna non è mai stato ritrovato. Ascoltando, appunto, alcune persone fra cui un uomo che poteva aver avuto contatti con la tassista. Verificandone nuovamente mosse e alibi di quella sera, sottoponendolo ad esame del dna. Che adesso, come avvenuto in passato anche per altre persone sempre con esito negativo, sarà comparato con quello della vittima. Sotto le unghie della 29enne erano state scoperte tracce di pelle ma non solo. Si era dunque difesa cercando di opporsi alla persona, probabilmente un cliente, che le aveva stretto intorno al collo uno spago per soffocare il suo ultimo respiro di vita, legandole poi le mani dietro il sedile di guida. Così l’aveva trovata un abitante del paese andando a gettare un vecchio materasso alla discarica vicina al cimitero.

Sono state battute caparbiamente tutte le strade, negli ultimi 23 anni. Ma è ora dalla tecnologia e dalla scienza che potrebbe arrivare un aiuto per la procura, guidata da Salvatore Vitello. E per il pm Nicola Marini che, insieme ai suoi collaboratori, si è messo a rileggere ancora una volta le carte ormai ingiallite dal tempo. A caccia di un dettaglio. Una frase. Un orario. Verbali. Per capire chi, quella calda sera d’estate, era salito sul taxi bianco numero 22 dello zio di Alessandra Vanni senza passare per la centrale radio. Ogni tanto la giovane sostituiva il parente, in quel momento all’estero, anche se non amava guidare la notte. Tanti avevano notato la macchina fermarsi, poi ripartire, fare dei giri fino ad entrare nel cimitero di Castellina in Chianti. La corsa era finita a mezzanotte, dopo 44 minuti. Venne uccisa perché vide troppo? Qualcosa che non avrebbe dovuto, stante l’assenza di moventi legati al passato e alla vita della donna? Un’inchiesta difficile rimasta avvolta nel mistero. Non aveva neppure il cellulare con sè: si era rotto qualche giorno prima.