Anziani rapinati un anno fa: "Vita rovinata"

Carabinieri di Monteriggioni e avvocato li aiutano ma non basta. "Ricordo ogni istante", dice Maria Grazia Vanni

I carabinieri e l'avvocato Biotti con i coniugi Bonelli (Foto Lazzeroni)

I carabinieri e l'avvocato Biotti con i coniugi Bonelli (Foto Lazzeroni)

Monteriggioni (Siena), 19 febbraio 2019 - «Cancellato tutto? Che fa scherza. Ricordo ogni momento di quella notte. E adesso che hanno rubato nell’appartamento di sopra non sto più tranquilla qui. Ci hanno rovinato la vita». Una forza della natura, Maria Grazia Vanni. E’ stata lei, 81 anni, nei dodici mesi dopo l’aggressione subita il 19 febbraio 2018, di notte, ad opera di alcuni balordi, a tenere dritta la barra. Coccolando il marito Giancarlo Bonelli, che ha qualche acciacco. E fatica a liberarsi da quegli attimi terribili. Lo accarezza, la moglie, mentre chiede «che il Comune accenda le luci del piazzale proprio qui sopra che restano sempre spente».

Due anziani che hanno tanto bisogno di affetto. E di una parola gentile. Anche di aiuto perché per sbrigare tutte le incombenze, senza guidare l’auto, non è semplice. Niente figli ma il comandante della stazione dei carabinieri di Monteriggioni, Fabio Pandolfi, li ha quasi adottati. «Viene spesso a trovarci, anche con la moglie Tiziana. Ci è stato vicino», confessa Maria Grazia prendendo affettuosamente il maresciallo capo sotto braccio. Con loro anche l’avvocato Manfredi Biotti di Poggibonsi che conoscono da tempo perché una sua parente era originaria, appunto, di Castellina Scalo.

Assaggiano una frittella di carnevale, poi i cenci. Impossibile andare a mani vuote da una coppia di pensionati che è entrata nel cuore di tanti per la brutale aggressione subita. Gli autori del colpo erano ragazzi aiutati dal parroco, don Doriano Carraro. Così hanno scoperto i carabinieri, arrestandoli poche ore dopo il blitz alla Colonna di Monteriggioni «Il sacerdote è bravo, però, viene sempre da noi. Ma siamo tanto soli», ripete più volte Maria Grazia felice di aver ritrovato intorno a sé tante persone che nei dodici mesi d’inferno seguiti alla rapina sono stati una presenza positiva.

«Il momento più brutto? Quando mi mise il pugno dentro la bocca e poi mi strapparono la catenina», racconta Giancarlo prima di alzarsi dal letto. E’ lui quello che ha risentito di più della brutta avventura. Guardandoli, così indifesi e innamorati – lei tira fuori la foto dei 60 anni di matrimonio – sembra di rivedere in loro i nostri nonni. Oppure i genitori. Sarebbe potuto accadere a chiunque. E la comunità locale non si deve – non può – dimenticarsi di Maria Grazia e di Giancarlo. «Non ci hanno rubato molto, in fondo, come valore. Ci hanno tolto però la tranquillità. Non ce lo meritavamo. Se fossero qui quanti schiaffi gli darei, come se fossero i miei nipoti».