Niente colpi di teatro o colori vividi Il Palio è una canzone di poche note

Il cavallo protagonista, lo sfondo rosso che si accompagna al nero, la bellezza di un’opera che non vuole troppi consensi

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Nessun colpo di teatro, nessun colore ad effetto, il drappellone di Emma Sergeant si è presentato con la sua rara semplicità, il che non significa certo banalità o trascuratezza, ma rispetto verso una iconografia studiata, ammirata e soprattutto rispettata. Quel "tempo sospeso", come ha sottolineato con enfasi ed emozione il sindaco Luigi De Mossi, ci conduce al momento storico che stiamo vivendo, l’originalità di un rituale che adesso forse non daremo più scontato come un tempo.

Il cencio della Sergeant è una canzone di poche note, sembra la "Pink Moon" di Nick Drake, che risolve in sintesi l’emozione di una notte. C’è un cavallo protagonista, lo sfondo rosso che si accompagna al nero, una bestia, come ha sottolineato Duccio Balestracci nel suo non scontato intervento, con il suo muso imponente che entra a contatto fisico con gli stemmi di alcune Contrade, mentre una Madonna fortemente materica, un sentito autoritratto, irrompe e sbuca dal nulla nella parte del drappellone.

Ecco la bellezza di un’opera che non cerca eccessivi consensi, che si accuccia tranquilla accanto ai clamori della Festa. Il Palio non necessita di toni sempre alti, accesi. E’ un amore che si consuma discreto. Gli stemmi hanno il rigore iconografico di altri tempi, una mossa di profilo sembra una cartolina in controluce degli anni cinquanta. Fosse ancora una canzone, avrebbe il tono e la timbrica di "Being for the benefit of Mr. Kite!" dei Beatles, perché gioca sull’effetto quasi circense di un manifesto di guerra ingentilito dalla capacità espressiva della Sergeant, che non aggiunge nulla all’aspettativa già forte nell’aria. Ed ha fatto bene il sindaco De Mossi a sottolineare quel parallelo fra passato, presente e futuro, la presenza di una intera comunità davanti a certi eventi. Come si fosse, come ha detto, tutti sulla collina di Spoon River.

Noi aggiungiamo che il Palio è un canto armonico, appassionato e insieme struggente, un racconto travolgente, fiabesco e oscuro che si legge tutto di un fiato e che, pagina dopo pagina, si interrompe per poi riprendere con altri volti, rivelando lo spettacolo meraviglioso della continuità, fra uomini e donne e dei loro giorni trascorsi fra pianti, risa, passioni, desideri e sconfitte. E l’enorme cavallo della pittrice anglosassone è un rassicurante messaggio alla futura memoria, come dire: "Ci sono e ci sarò anch’io!". La chiusura spetta alla genialità di Balestracci che si infiamma davanti "a una intelligente riflessione generativa una complessità che sgomenta". Questo Palio è una ballata nordica, una favola alla Fairport Convention, e ci fa sussurrare "She moves through the fair", che è la somma di quel mondo a nord dove gli dei e gli uomini ancora si incontrano per raccontarsi le favole cicliche senza tempo.

Massimo Biliorsi