REDAZIONE SIENA

Mazzini, il bel sogno della Fortezza

Una foto una storia Architetto, protagonista della Siena giacobina, rivoluzionò anche i numeri unici

Quando la professione di architetto è l’occasione per guardare al mondo con occhi diversi: ci ha sempre interessato l’approccio alla città, con tutta una sua particolare filosofia, di Augusto Mazzini, qui ritratto da Augusto Mattioli a una sua mostra del 1978. Nella foto fra l’altro si riconosce il generale Lelio Barbarulli, una delle figure mitiche del dopoguerra senese. Mazzini ha preso dell’urbanista la filosofia dell’ordine delle cose, delle persone, rivoltandola a misura "di senese", senza abiurare il passato ma concedendosi importanti feritoie nel futuro. Fra le note che potrete trovare c’è la curiosa definizione di "uno dei responsabili della chiusura al traffico del centro storico della città": qualcuno al tempo avrebbe scritto degli irresponsabili, che ha poi lo stesso significato se togliamo la rara dote della lungimiranza. E poi anche lui ha il suo facciatone proprio come il nostro Duomo, il sogno interrotto, quello del grande progetto di un centro culturale che si muoveva dalla matita di Alvar Aalto e che avrebbe portato ad essere Siena una città avveniristica e antica.

Docente universitario, Mazzini mi ricorda la Siena un po’ giacobina degli anni Settanta, dove avrebbe fatto parte del suo Direttorio, con i suoi slanci e i suoi eccessi, una città culturalmente preparata grazie ad una classe dirigente con aveva fatto i conti con tutto il mondo meno che con i senesi, pagando poi a caro prezzo questo distacco dal quotidiano. Una città snob e giacobina, se le cose possono poi andare d’accordo, che pretendeva di fare del Palio un mezzo rivoluzionario perché in fondo già conteneva quei germi di una democrazia arcaica. Una generazione, e un ristretto gruppo di amici, che sapeva giocare con il bello per fare della Contrada un soggetto anche dissacrante: pensate a quanto era avanti la copertina del Numero Unico della Tartuca del 1967. Quando gli altri giocavano ancora con gli stilemi ormai desueti di una facile ironia da dopoguerra, lui si reinventava la copertina dei Fab Four, quella mitica appena uscita dell’immortale Sgt Pepper, per riportarla ai simboli, ai personaggi della Siena del tempo, rilanciando l’operazione cinque anni dopo con "Playnoi".

Sempre un passo avanti senza colpo ferire, con una satira divertente e soprattutto divertita. Ecco dunque l’architetto Mazzini: la professione talvolta può essere un’abile scusa per nascondere le intenzioni di nuotare un po’ più al largo, dove tanti altri inesorabilmente affogano.

Massimo Biliorsi