REDAZIONE SIENA

Le tante vite della banca più antica del mondo

Il Monte Pio nel Castellare dei Salimbeni del 1472 fu la sorgente che dette vita ai Paschi nel 1625. Le ironie delle altre sui 550 anni

Non è un compleanno ordinario quello che il Monte dei Paschi varcherà tra poco in un clima quaresimale di preoccupanti incertezze. Il 4 marzo 2022 saranno trascorsi 550 anni dal giorno del 1472 in cui il Consiglio della Campana approvò l’istituzione di un Monte di pietà con 196 voti a favore e solo 14 contrari: sorse in sintonia con iniziative analoghe, promosse dai frati francescani per sovvenire quanti versavano in drammatiche condizioni, emarginati e impoveriti dal furioso accumulo di ricchezze dell’incipiente capitalismo. Quella data è celebrata come avvio di una lunga storia. Quando nel 1972 fu organizzato un programma di solenni appuntamenti non mancarono velenose frecciate di altre banche: "Il Monte di Siena corre svelto all’indietro: nel 1925 esaltò il suo terzo centenario di vita e ora per farsi bello retrodata la sua creazione al 1472 per il quinto centenario!".

Per metter punto alla disputa approfondirono la questione storici di primo piano e su tutti Armando Sapori, senese dell’Oca e sommo esperto di vicende bancarie. La sua sentenza non faceva una grinza e ha retto l’insidiosa offensiva. Certo: il Monte Pio allocato nel Castellare dei Salimbeni fu l’esile sorgente accanto alla quale dal 1625 avrebbe operato il Monte "non vacabile", garantito dai frutti dei pascoli maremmani. Nelle sue norme statutarie furono trasposti a chiare lettere i principi che erano stati alla base del primo Monte. "Così nella carta di nobiltà del Monte dei Paschi – concludeva il memorabile saggio di Sapori – si trova legittimamente la data di nascita, 1472, del lontano progenitore".

E ad avvalorare la continuità si invocarono non soltanto le norme dei Capitoli elaborati dalla Balia e la stessa contiguità di sede, ma i modi di sostegno alle popolazioni tipici del nucleo originario, successivamente ampliatisi fino ad un differenziato esercizio bancario del credito. Se "Monte dei Paschi" è nome che dal 1872 ricomprende multiforme realtà, non si deve dimenticare che già il Monte Pio iniziale e un secondo Monte, fondato dopo il suo crollo, si distinsero nettamente da quanti raccoglievano in deposito i pegni e svolgevano carità. Ai depositanti venivano accordati parchi interessi. In aperta ma non antagonistica concorrenza con l’esosa "usura" praticata da prestatori ebrei. Il Monte Pio agì in chiave complementare e fu fondato con un atto pubblico dal governo dello Stato.

Quando il granduca Ferdinando II autorizzò il varo del nuovo Monte, chiesto con insistenti suppliche da un’aristocrazia sconfitta, pretese che eventuali danni fossero reintegrati dai cittadini stessi. Il suo non fu un regalo, ma un provvedimento illuminato. La dimensione di una banca-città prese forma allora e fu una coraggiosa risposta a una condizione di crisi. Battuta a metà ’500 dal potere delle armi, Siena concentrò la sua volontà di resistere facendo leva su una vocazione che aveva radici antiche. Si scrive Siena, ma si dovrebbe dire di un’élite che badò ai suoi interessi coniugandoli però con fini generali.

Non si cedette alla disperazione. Fino alla crescita ottocentesca, allorché entrano in scena i Monti riuniti (1783), la Cassa di Risparmio (1833), il Credito Fondiario (1866), il Credito Agrario (1870). I contraccolpi che il sistema di privilegi e i legami territoriali conquistati per il Monte rischiavano di subire nel Regno d’Italia accesero dibattiti a non finire. Durante la discussione del nuovo statuto in consiglio comunale ci si interrogò se dovesse aprirsi dichiarando che il Monte era "proprietà" di Siena oppure "appartenesse" a Siena. E si optò per quest’ultima dizione: sfumatura che ribadiva l’appartenenza senza ancorarla a una diretta proprietà. Il regime fascista non fece mistero di un disegno accentratore. I festeggiamenti del 1925 furono piegati a questa visione. Ma con le proteste lesive dell’atipica figura del Monte eretto dal 1936 (quarta fase) a Istituto di credito di diritto pubblico si riuscì a conservare quella gestione a mezzadria che ha conferito a Rocca Salimbeni una fisionomia bifronte, un’oscillante navigazione tra compromessi e contrasti. Tutto sommato con risultati positivi.

Con la trasformazione della banca in società per azioni il 28 agosto 1995 e il contestuale parto della Fondazione Mps si è aperta un’inedita biforcata prospettiva. Le cronache hanno registrato illusori conservatorismi basati sulla detenzione diretta della proprietà e clamorosi errori ’derivati’ dal dominio di una finanziarizzazione sfuggita di mano aduno spaesato ceto dirigente. La gravissima crisi che Banca Mps attraversa non era predestinata. Una graduale risalita non è impossibile. I processi che investono Mps allargano lo spettro degli indagati. Ripercorrendo, nel giorno di un compleanno solcato da tante ombre, i rischi affrontati da Rocca Salimbeni, non viene meno la fiducia nel ’nuovo inizio’ di un quinto Monte, da reinventare con coraggio e realismo.

Roberto Barzanti