"La fattura del gas per noi era di circa 40mila euro al mese. Adesso è salita a 140mila euro. E ora stiamo aspettando di capire quanto sarà il rincaro su quella dell’energia". Roberto Gerbi, presidente delle Fonderie Valdelsane, un balzo così, in decenni di attività, non lo hai mai visto. "Non ricordo aumenti del genere, il più alto fu quello del 2018, ma non è paragonabile". La certezza è che la ghisa e i bronzi delle Fonderie, all’80 per cento vengono venduti sui mercati esteri. E questo rappresenta un problema. "Non possiamo ricaricare sul prezzo dei prodotti destinati all’export, un rincaro che a questi livelli, è soprattutto italiano. Perderemmo i clienti e l’aumento del prezzo non sarebbe compreso. Siamo tutti speranzosi che nei primi tre mesi dell’anno i prezzi possano calare. Anche se dal 1 gennaio è scattato anche l’aumento per l’energia elettrica e rischiamo di spendere anche 200mila euro al mese. Conosco già fonderie che hanno fermato la produzione perché non riescono a sostenere i costi. A fine anno abbiamo stimati maggiori costi per circa 3 milioni e mezzo di euro". Questi sono gli effetti, ma dove ha origine l’impennata: una bolla speculativa o un aumento fisiologico legato all’aumento della domanda? "L’aumento delle materie prime è causato prima di tutto da chi ci rifornisce di gas. La Russia sta cercando di recuperare i mancati introiti legati ai minori consumi del lockdown, ma il tutto è legato anche alla crisi con l’Ucraina dove transitano i gasdotti che riforniscono l’Europa occidentale". A questo si aggiunge l’aumento di domanda innescata dall’aumento di produzione legato alla (lenta) ripresa dei consumi fra terza e quarta ondata. "L’unica speranza – spiega ancora Gerbi – è un intervento del Governo per calmierare i prezzi, già Draghi in alcune occasioni ha menzionato l’argomento, adesso si deve entrare in azione. Ma credo che possa anche bastare qualche annuncio. Come, per esempio, l’intenzione di utilizzare scorte nazionali delle nostre piattaforme".