"Fusione Mps-Antoveneta, Siena disse no"

Le verità di Gotti Tedeschi, ex presidente dello Ior e di Santander in Italia. "Volevo ripulire la banca vaticana, cacciato dai cardinali"

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di Pino Di Blasio

"Perché c’era nell’ufficio di Rossi un post it con il mio numero di telefono? Questo non lo so. Non ne ho la più pallida idea. E mi domando perché non sia stata fatta una perizia calligrafica. Posso pensare che glielo abbia dato Mussari. O potrebbero essere stati anche Viola o Profumo. Non ho mai conosciuto David Rossi, ho saputo della sua morte dai giornali. Non l’ho mai incontrato, non ho mai parlato con lui, non l’ho mai cercato". L’audizione di Ettore Gotti Tedeschi, presidente del cda di Santander Consumer Bank ed ex presidente dello Ior, davanti alla commissione d’inchiesta sulla morte di David Rossi non è servita a far luce su qualche dettaglio relativo al dramma. Se non a riaccendere polemiche su interviste ’rubate’, su pettegolezzi rimontati ad arte, secondo il banchiere, "con risposte riferite a domande diverse". L’indice di Gotti Tedeschi è puntato sia contro la famigerata intervista a Le Iene, con la telecamera nascosta nello zaino. Sia contro il libro di un giornalista sulla morte di Rossi, con l’ex presidente Ior che diffida di usare quei pettegolezzi riportati nella conversazione.

Ma come è accaduto per altri protagonisti, da Giuseppe Mussari a Fabrizio Viola, il racconto di Ettore Gotti Tedeschi è illuminante per inquadrare quel decennio particolare della finanza italiana. E soprattutto per ascoltare la versione del banchiere voluto da papa Benedetto XVI per ripulire l’immagine dello Ior e fare trasparenza con nuove norme antiriciclaggio. Ma cacciato da cardinali (Gotti Tedeschi cita Bertone e Versaldi), che cambiarono, all’insaputa anche del papa, le leggi sulla banca. "Dal 24 maggio 2012 non sono più tornato in Vaticano. Non solo non ho più visto i cardinali Bertone e Versaldi, non li ho neanche voluto vedere. Non conosco l’esistenza dei 4 conti correnti aperti allo Ior e riferibili a persone vicine al Monte dei paschi. Li avrei denunciati se li avessi scoperti. Ero stato chiamato da Papa Benedetto XVI - racconta il banchiere - per rimettere in ordine le finanze vaticane e portare lo Ior alla massima trasparenza, togliendolo dalla black list delle banche. La normativa antiriciclaggio che io adottai e che fu approvata dal Santo Padre era che nessuno poteva detenere conti che non fossero appartenenti a istituzioni religiose o enti religiosi. Tutti gli altri conti - ha concluso il banchiere - dovevano essere stati spenti e chiusi". Durò fino a dicembre 2012, poi Gotti Tedeschi racconta che qualcuno cambiò le norme, "per tre volte chiese la mia sfiducia e approfittò delle dimissioni del Papa per cacciarmi nel maggio 2012".

Ancor più tagliente è la versione di Gotti Tedeschi sull’affare Antonveneta e sul prologo con le grandi fusioni Intesa-Sanpaolo e UniCredit-Capitalia. "Erano nate due banche di sistema, con il 50% del credito in Italia. Con Royal Bank of Scotland e Fortis il Banco Santander acquisì il colosso AbnAmro, che aveva in pancia anche Antonveneta. Fui io ad esaminare i conti della banca, scoprendo che su mille sportelli, solo 300 erano efficienti. Dissi al presidente Botin che potevamo cedere Antonveneta e proposi al presidente del Monte dei Paschi Giuseppe Mussari una fusione, in cambio di azioni Mps per Santander. Niente vendita, ma un’alleanza tra Siena e Santander. Mussari era entusiasta dell’idea, poi tornò con il capo cosparso di cenere a dirmi che la Fondazione Mps non voleva diluire la sua partecipazione e che voleva comprare Antonveneta".

Su quello che accadde dopo, la letteratura si spreca, dalla tempesta finanziaria planetaria al prezzo strappato da Botin, salito da 9,3 a 17 miliardi per la fidejussione con Abn Amro. Gotti Tedeschi usa toni beffardi per spiegare ai parlamentari le ragioni di quell’affare sciagurato. "Se volete capire Siena dovete andare al Palio. Le Contrade vanno sotto Rocca Salimbeni a rendere omaggio al presidente del Monte. Ci sono 60mila abitanti che vivono con il Monte. Che votano il sindaco, il quale sceglie i vertici della Fondazione, che scelgono presidente e direttore della banca. Ci sono deputati scelti dal Rotary, dalla Camera di Commercio, dal vescovo. Normale che la Fondazione non volesse perdere il controllo".