Finto avvocato truffa una donna

Prima la seduzione, poi le minacce della ’ndrangheta e le richieste di soldi

Indagini della guardia di finanza (foto d'archivio)

Indagini della guardia di finanza (foto d'archivio)

La Spezia, 13 marzo 2019 - Tre anni di reclusione, 1200 euro di multa, cinque anni di interdizione dai pubblici uffici e il pagamento alla parte civile di una provvisionale di 33mila euro, pari all’ammontare della truffa inferta. E’ la condanna inflitta ieri dal giudice Diana Brusacà a Roberto Meocci, 52 anni, residente a Sinalunga per il clamoroso raggiro orchestrato ai danni di una spezzina. Una storia che ha dell’incredibile.

Prima il corteggiamento on line, sotto falso nome, attraverso un sito per incontri tra cuori solitari; poi le avances dal vivo fino a dare corso ad una vera e propria relazione sentimentale, sfoggiando auto di grossa cilindrata, abiti eleganti, parlantina sciolta, da «avvocato». Come tale Meocci - originario di Sinalunga in provincia di Siena - si era presentato, sostenendo di chiamarsi Roberto Morcella, ad una quarantenne spezzina, abbagliandola. Sul telefono cellulare, quando si incontravano, giungevano diverse chiamate da parte dei «clienti» che, a suo dire, chiedevano lumi in vista delle udienze. Lui spesso metteva le chiamate a viva voce e così la certezza che davvero fosse un avvocato è diventata, per la donna spezzina, inscalfibile. Fino al punto, quando lei fu cotta a dovere, da dare corso alle disperate richieste di denaro, facendo leva su sentimenti e plausibilità delle situazioni di cui asseriva di essere vittima, con corredo di pianti e singhiozzi: «Sono perseguitato dall’ndragheta; mi hanno incendiato due auto; sono sotto protezione dalla Dia... mi occorrono dei soldi per sostenere la causa che ho fatto a quei criminali». Questo lo zoccolo duro dei racconti che - asserendo di trovarsi in Polonia, impossibilitato a tornare - gli sono valsi diversi bonifici sul conto in banca dell’«amico Roberto Meocci» che, poi, altro non era che lui, in carne ossa.

I fatti si svilupparono tra il 20 dicembre del 2010 e l’11 gennaio dell’anno successivo. E sono stati cristallizzati nel capo di imputazione per truffa formalizzato dal pm Claudia Merlino che, al centro del processo, dopo l’escussione della vittima alla precedente udienza, è giunto al capolinea. Ammonta, come detto, a circa 33mila euro l’ammontare dei soldi che Roberto Meocci ottenne con l’inganno, attraverso una dozzina di accreditamenti, per poi far perdere le sue tracce e indurre la donna spezzina a rivolgersi alla Guardia di Finanza; dalla banca dati delle Fiamme Gialle emerse che il tizio era un abitué delle truffe, consumate sotto mentite spoglie: imprenditore, frate, commerciante. Alla Spezia si era spacciato per avvocato finito nel mirino della criminalità organizzata. Lei, la vittima, ieri ha ottenuto giustizia, assistita dagli avvocati di parte civile Fabrizio Ricciardi e Massimiliano Leccese; il giudice ha accolto le loro richieste, al pari di quelle del pm Alessandro Casseri.