Arma biologica anticancro "Così Siena va all’Attack"

La professoressa Baldari coordinatrice del team che punta sull’immunoterapia "Un finanziamento europeo da 2 milioni e mezzo per produrre le cellule killer"

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Una ricerca, sulle cellule che ‘attaccano’ e distruggono quelle cancerose, può rappresentare la svolta nella lotta mondiale al tumore: il progetto vede Siena in prima linea, con il team della professore Cosima Baldari, docente di Biologia molecolare del dipartimento di Scienze della vita dell’Università, coordinatrice del gruppo internazionale di cui fanno parte le Università di Homburg in Germany, Oxford nel Regno Unito e Toulouse in Francia. Il progetto, denominato ‘Attack’, si avvarrà di 10 milioni di euro dallo European Research Council grazie ai Synergy Grants (2,3 milioni per Siena), finanziamenti che premiano idee innovative, finora toccati solo a due atenei italiani.

Quale è il cuore della ricerca?

"Il progetto parte dalla scoperta di un nuovo meccanismo di uccisione delle cellule tumorali da parte dei linfociti T citotossici. Sono cellule del sistema immunitario che assicurano le difese contro le cellule tumorali o infettate da virus tramite un arsenale di sostanze tossiche che ne determinano la morte in maniera selettiva, senza danneggiare le cellule sane. Le particelle Smap funzionano come ‘bombe’ che uccidono le cellule tumorali. Questo ci ha suggerito la possibilità di sviluppare le Smap come approccio immunoterapeutico innovativo. L’obiettivo è studiare come vengono assemblate e come colpiscono le cellule bersaglio. Il passo successivo è ingegnerizzarle per renderle specifiche per il tumore che si vuole colpire e produrle".

L’innovazione è nell’approccio o nella finalità?

"In entrambi. Lo studio ha un approccio innovativo e multidisciplinare che trae ispirazione da immunologia, biologia molecolare e cellulare, biofisica, chimica, nanotecnologie, bioingegneria, bioinformatica. L’innovazione è anche nella finalità: l’utilizzo di linfociti T ingegnerizzati ha rivoluzionato la terapia dei tumori e le SMAP ingegnerizzate escludono problemi di rigetto. Se riusciamo ad ingegnerizzarle per renderle specifiche per un dato tumore, potrebbero rappresentare un nuovo tipo di farmaco antitumorale ‘universale’ di facile distribuzione".

L’immunoterapia è la strada?

"Il cancro deve essere il punto di convergenza di più strade che vanno a colpirlo in punti diversi per non dargli via di scampo. L’individuazione delle anomalie delle cellule tumorali ha permesso lo sviluppo di terapie farmacologiche personalizzate. L’immunoterapia lavora su un altro fronte: sfruttare la capacità intrinseca del nostro sistema immunitario di difenderci dai tumori. L’idea è una strategia innovativa per potenziare l’immunità antitumorale tramite l’ingegnerizzazione di un nuovo farmaco che uccide le cellule tumorali. Quindi una nuova potente e duttile ‘arma biologica’, da aggiungere al nostro arsenale per la lotta contro i tumori".

Come procederà la ricerca?

"Oggi siamo un ‘super-laboratorio’ formato da 4 laboratori a Siena, Oxford, Homburg e Tolosa. Le competenze senesi sono sui meccanismi di trasporto delle proteine e sull’ingegnerizzazione e produzione di SMAP".

Paola Tomassoni