
Inaugurata nei primi giorni di giugno del 1900 con tanto di avviso pubblico, l’antica sorgente della Pietra, originata dal cosiddetto Borro del Diavolo, nei boschi tra Sinalunga e Trequanda, è più viva che mai e la sua acqua ferruginosa scorre imperterrita a valle da oltre un secolo, come lo dimostra il colore bruno-rossastro che ha impregnato la roccia limitrofa. Immersa nel verde, non lontana dalla strada vicinale che si dirama da Rigaiolo, si può raggiungere facilmente a piedi, lungo un tragitto suggestivo arricchito dalla presenza di diversi corsi d’acqua, ma anche in auto attraverso due guadi carrabili in periodi non di piena, che attraversano quasi perpendicolarmente il torrente Maglione che si origina nella zona. Prodigiosa nelle anemie successive a infezione da malaria, ma anche a complicazioni digestive – citava l’avviso dell’epoca - l’acqua cosiddetta " passante" definita anche ricostituente, diuretica e purgativa, era utilizzata da tante persone che solitamente si recavano sul posto per unire "l’utile al dilettevole".
Una scampagnata davvero risolutiva a livello digestivo. "C’era a fianco del madonnino che protegge la sorgente anche una piccola struttura ricettiva – racconta Domenico Rinaldi – abitante nella zona, testimoniata dalla presenza di alcuni resti di murature di un piccolo edificio ma anche dalla citazione nella locandina del 1900 di un ristorante per valorizzare ulteriormente il luogo, che con ogni probabilità è scomparso nel periodo bellico. Addirittura – racconta ancora Domenico – nel periodo estivo degli anni settanta, quando l’affluenza di pubblico era ai massimi livelli, con decine e decine di persone che giornalmente si recavano sul posto, il custode dell’ambiente, Dante, per tutti Frugolo, si occupava di dare le necessarie informazioni e spiegazioni sulle caratteristiche dell’acqua ma anche per il suo corretto utilizzo. Ma c’è di più - continua – perché nei primi anni del secolo – c’era anche un servizio navetta dalla stazione ferroviaria distante solo 3 chilometri per portare con la carrozza i visitatori alla sorgente". La presenza di alcuni bicchieri di plastica all’interno del capannino che protegge la fonte naturale – dimostrano comunque che tutto non è andato perduto e che ancora qualcuno si reca sul posto per curiosità, ma anche per assaporare la bontà ma anche le sue virtù. "Andrebbe valorizzata tutta l’area riportandola a nuova vita – conclude Domenico - migliorando sia la viabilità d’accesso che riqualificando il contesto esterno e interno al piccolo manufatto che protegge la sorgente".
Massimo Tavanti