
Arriva all’aeroporto di Pisa, scortato da due uomini della Marina, Gustavo Bellazzini, quasi 102 anni, senese, ultimo superstite della corazzata Roma. Bellazzini scende dal bus della Marina Militare con i due uomini in uniforme e, accompagnato dalla figlia Giuseppina, si imbarca sul volo di linea Pisa-Alghero. Direzione Porto Torres per imbarcarsi sulla nave Cavour dove domani si terrà la commemorazione per gli 80 anni dalla tragedia in cui morirono 1.393 marinai.
La partecipazione di Bellazzini è stata incerta fino all’ultimo a causa di qualche acciacco fisico, ma poi dai medici è arrivato l’ok dopo averlo sottoposto a un accurato check up. Di tempra forte, ha superato l’esame e ieri si è imbarcato sull’aereo per la Sardegna. Fuori dell’aeroporto di Pisa, Bellazzini, nato a Siena ma da decenni residente a Spezia, parla di questa esperienza: "Finché riesco a muovermi e viaggiare sono felice".
L’ultimo superstite rimasto in vita forse riceverà la stretta di mano del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Un sogno che si è realizzato grazie anche alla Marina militare che lo ha messo nelle condizioni di viaggiare. "Emozionato? Quando sarò lì vedrò come mi sentirò" risponde Bellazzini mentre si dirige al check-in. Un ritorno nel luogo della tragedia; fu lì infatti, che Gustavo Bellazzini, l’ultimo dei sopravvissuti dei 622 reduci di quel disastro, vide consumarsi una delle più spaventose tragedie della marineria italiana. Successe 80 anni fa, il 9 settembre 1943, in quel mare all’apparenza sicuro, a poche miglia dall’Asinara. Quel giorno trasformato in un inferno di fuoco e fumo, lamiere annerite e corpi dilaniati dalle esplosioni causate dalle bombe teleguidate sganciate sulla corazzata Roma – salpata la notte precedente da Spezia – dai Dornier Do17k tedeschi.
Fu lì che che Gustavo Bellazzini vide consumarsi, col terrore negli occhi, una delle più spaventose tragedie della marineria italiana. Bellazzini, che sulla corazzata Roma era imbarcato, a 22 anni, come fuochista, oggi sempre vigile e lucido, porta ancora negli occhi tutto quell’orrore. Qualche mese fa rievocò proprio con la Nazione la sua terribile esperienza. "Mi lanciai in mare quando ormai l’acqua era arrivata al trincarino – il suo racconto –; nuotai per uscire dai gorghi. Raggiunsi una nave della scorta a 200 metri di distanza. Fui recuperato a bordo. Io sono qui ma il mio cuore è laggiù". A documentare l’esperienza di Bellazzini, in attesa del monumento, oggi è anche il Cantiere della Memoria a La Spezia.
Enrico Mattia Del Punta
Franco Antola