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Addio a don Celso, studioso di Monte Oliveto

Asciano: Padre Bedin, parroco di Chiusure e appassionato custode della storia. Il Comune lo aveva premiato con la medaglia d’argento

Sabato scorso è ritornato a Dio, per utilizzare un’espressione cara alla comunità monastica olivetana, padre Celso Bidin. Con lui si conclude un’esperienza di vita carica di esperienze non solo pastorali ma anche culturali. Don Celso (il suo nome secolare era Giovanni) era nato a Seregno nel 1940, dove si era avvicinato alla locale comunità monastica olivetana. Già all’età di 11 anni, poco più che bambino, Giovanni arriva a Monte Oliveto e diventa Celso. Da allora ha prestato il suo servizio presso varie comunità olivetane, prima fra tutte quella presso il monastero di San Prospero di Camogli in Liguria.

Gli studi classici fatti in gioventù avevano forgiato in lui anche una forte formazione culturale. Nei primi anni ’70, il monaco di Seregno era stato poi inviato ad esercitare la sua missione religiosa a Tripoli del Libano, dove aveva appreso le prime cognizioni di Arabo e da dove era stato costretto a fare ritorno in Italia per il sopraggiungere della guerra civile che avrebbe insanguinato il Paese dei Cedri. Dopo essere stato Priore del monastero di Camogli, Padre Bidin venne richiamato presso l’abbazia di Monte Oliveto nel 1981 dove l’abate dell’epoca, monsignor Divo Sabatini, gli affidò l’amministrazione dell’azienda agricola olivetana, incarico mantenuto per circa due decenni. Fino al sopraggiungere della malattia, don Celso ricopriva il ruolo di parroco della frazione di Chiusure nonché di responsabile della casa di riposo Gesù Redentore, sempre nella frazione. Ma non si renderebbe pienamente giustizia al ricordo di questo religioso, se non si facesse menzione del suo rapporto speciale con la comunità di Asciano. In paese infatti il religioso era molto conosciuto, apprezzato e presente. Soprattutto sono note le sue instancabili ricerche sul territorio e sulla storia patria.

Don Celso era immancabile a tutte le iniziative culturali che vedessero il paese del Garbo come protagonista. Giusto per citare una delle iniziative che negli ultimi lo avevano visto in prima linea: il restauro e ripristino della chiesa romanica dedicata al Beato Alberto, dove don Celso diceva spesso messa nonostante l’ubicazione in una zona boscosa e impervia. Il monaco olivetano non solo ha condotto delle approfondite ricerche sulla figura storica del Beato Alberto, ma si faceva anche promotore di brevi processioni, non mancando neppure nei momenti di convivialità con gli amici ascianesi. Lo scorso 6 dicembre don Celso aveva ricevuto in Asciano una onoreficenza con medaglia d’argento, segno del legame stretto tra il religioso e la comunità locale. Ieri l’ultimo saluto.

Rosario Simone