Sarzana, 2 agosto 2022 - "Se sta notte mi sento male, qualcuno dovrà assumersi delle responsabilità e pagarne le conseguenze". Dopo aver atteso più di 11 ore nella sala d’aspetto del pronto soccorso del San Bartolomeo, prima di essere visitato un cittadino, arrivato al limite della sopportazione e della pazienza, ha dovuto esternare tutto il suo disagio al personale dell’emergenza per porre fine a quello che è stato un vero e proprio calvario. Ma è solo ripercorrendo dall’inizio la vicenda che emerge uno spaccato desolante della sanità locale. Un quadro su cui pesa la carenza di organico e dove il personale è costretto a turni forzati per garantire l’attività. Sei i medici in servizio, più le reperibilità di altri sanitari in forza ad altri reparti, 24 infermieri e 8 oss questo il dato fornitoci dalla direzione di Asl 5 che ci ha manifestato la necessità di ampliare l’organico.
"Giovedì mattina ho iniziato ad avere dolore alle caviglie e a notare gonfiore e lividi – ci spiega il nostro lettore –. Essendo positivo al covid ho contattato il mio medico che mi ha consigliato di recarmi al pronto soccorso per fare delle analisi al più presto". E ha agito nel modo più sensato : residente a Spezia ha infatti prima contattato il pronto soccorso del Sant’Andrea, che però l’ha messo in contatto con quello di Sarzana, proprio perché adibito a covid. L’accesso al pronto soccorso del San Bartoloomeo risulta alle 12,15 del 28 luglio. Subito gli viene fatto un tampone e misurata la temperatura, la saturazione e la pressione. I valori sono nella norma. Identificato come codice verde viene messo in attesa per le analisi del sangue. "Il personale gentilmente mi fa sapere che avrei dovuto avere pazienza – prosegue – io mi accomodo nella sala d’attesa e aspetto". Ma le ore passano e, arrivate le 20, il signore che non aveva né mangiato né bevuto – perché nella sala non è presente neppure una macchinetta – inizia a chiedere spiegazioni. Cambia il turno del personale in servizio, ma ancora nulla. "A quel punto non riuscendo a stare seduto perché avevo dei forti dolori alle caviglie – continua l’utente – chiedo quanto ancora avrei dovuto aspettare". "Presti pazienza" gli ripete un infermiere. Sopraggiunte le 23 la pazienza ha raggiunto il limite e il signore in questione fa sapere a un operatore che sarebbe non soltanto andato a casa, ma anche che – "se gli fosse successo qualcosa durante la notte, ne avrebbero dovuo rispondere". Solo in quel momento gli viene fatta una flebo e circa un’ora dopo le analisi del sangue. "Ho sempre mantenuto un atteggiamento propositivo e sono consapevole che il personale stesse facendo il possibile – conclude – le ambulanze continuavano ad arrivare e durante quelle ore è stato anche chiamato un medico reperibile. Ma servono strutture adeguate e credo che un solo pronto soccorso covid non sia sufficiente come non è sufficiente il personale che dovrebbe essere rapportato al numero degli accessi".