In Castello c’è Il Sorpasso, quanti ricordi

Il capolavoro di Risi con Gassman e Trintignant è un racconto formidabile delle estati ruggenti degli anni ’60. E l’ingresso è libero

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Una bella sorpresa al Castello: domani alle 21.30 a ingresso libero uno dei capolavori del cinema italiano, pellicola simbolo della migliore commedia all’italiana: "Il sorpasso". Cosa fa di un film un grande film ? Di sicuro la capacità di resistere al tempo, mantenendo intatta la capacità di raccontare il suo presente. E il presente in quel film diretto magistralmente da Dino Risi era rappresentato da una analisi tragicomica del boom economico, degli anni spensierati in cui bastava poco per essere felici. Forse anche solo una vacanza al mare, sperduti tra mille ombrelloni. E’ in questo contesto di euforia generale che si incontrano per caso i due protagonisti, Vittorio Gassman e Jean Louis Trintignant in stato di grazia. Due personaggi opposti, due caratteri lontani come il sole e la luna. Nel Ferragosto di sessant’anni fa l’esuberante Bruno Cortona ai limiti dell’antipatia incontra casualmente il timido studente Roberto Mariani. Gassman e Trintignant danno vita a due personaggi di cui il pubblico si innamorò subito all’uscita del film, tanto da decretarne uno strepitoso successo al botteghino con un incasso all’epoca di oltre tre miliardi, a fronte di un costo di 300 milioni.

Un film "on the road" quando nessun critico aveva inventato questa definizione, un lungo viaggio nell’Italia degli anni ruggenti, costellati di sogni, ambizioni e speranza, ma anche di eccessi e volgarità. Vittorio e Jean Loius, oppure Bruno e Roberto sfrecciano lungo l’Aurelia e altre strade fino al tragico epilogo finale ambientato dalle parti di Castiglioncello. La voglia di correre, di osare, di sfidare il proprio destino, fa parte di quella lunga serie di messaggi di cui il film abbonda. Prodotto da Cecchi Gori, scritto da Ettore Scola non ancora regista (insieme a Ruggero Maccari), il film ha nel cast grandi professionisti del cinema italiano come Riz Ortolani che compose la colonna sonora. E come non ricordareCatherine Spaak nel ruolo della figlia di Gassman, così dolce e così "moderna", sufficientemente maliziosa da diventare il pudico sogno erotico degli adolescenti dell’epoca. Quell’Italia non c’è più da anni. Forse non ci sono più quelle speranze e quella leggerezza. La volgarità e gli eccessi purtroppo sono rimasti. Ma a raccontare gli anni ’60 meglio e di più di qualsiasi documentario o trattato di sociologia, rimarrà per sempre quel capolavoro che potremo rivedere domani sera al Castello.

Federico Berti