
PRATO
"Chiudere i centri commerciali nei weekend nei festivi e nei prefestivi e poi vedere gli assembramenti che si creano nei centri storici è qualcosa che grida vendetta". La rabbia e il malcontento nei confronti delle imposizioni del Governo aumentano in tutti i centri commerciali d’Italia, che ritengono incomprensibili e contraddittorie le misure imposte dagli ultimi Dpcm. E anche al Parco Prato si respira un’aria pesante. Specie dopo che i negozianti di via delle Pleiadi hanno dovuto star chiusi per altri quattro giorni consecutivi, fino all’8 dicembre, e hanno visto coi loro occhi il grado di affollamento del centro storico durante il ponte lungo. "Ci dovrebbero spiegare che differenza c’è fra questo centro commerciale all’aperto e una qualsiasi strada di un centro storico. Qua ci sono pure meno rischi che si creino assembramenti – spiega Leandro Zenaghi, dipendente dell’erboristeria – Gli spazi a disposizione per camminare sono più ampi e ci sono le guardie che invitano le persone a mantenere comportamenti adeguati dentro e fuori dai negozi. Noi così perdiamo un sacco di lavoro e rischiamo i nostri stipendi".
Dello stesso avviso tanti colleghi. In particolare i negozi di abbigliamento e calzature per adulti che hanno potuto riaprire solo ieri, invece che domenica scorsa: "Con queste imposizioni incomprensibili ci tolgono altri giorni di possibili incassi – aggiunge Mariangela Fanfulla, dipendente di Lawley -. Nel frattempo se gli assembramenti si creano nei centri storici nessuno ci fa caso. Saremo costretti a star chiusi gran parte del periodo natalizio che per noi poteva rappresentare una ripartenza vera". E ancora: "Le perdite sfiorano il 40-50% e qui al Parco Prato, con tutti gli spazi aperti che ci sono, non vedo come possa esserci più pericolo che in qualsiasi città – insiste Azzurra Talocchini, dipendente di Luisa Di Mauro -. Ogni negoziante sta attento al numero massimo di clienti da servire contemporaneamente. E fuori c’è posto per creare file ordinate e distanziate". Oppure: "I grandi negozi che non sono nei centri commerciali, o i supermercati, rischiano lo stesso di fare assembramento, ma nessuno dice niente – insiste Simona Cannarozzo di Davì Tappezzeria -. A noi invece hanno tolto anche la speranza di recuperare qualcosa durante le feste".
I clienti sono dalla stessa parte: "Se tutti i negozi fossero aperti si eviterebbe di vedere una concentrazione di persone solo in un posto - commenta Stefano Vaselli -. Chi ha voglia di scegliere i regali si accalca dove può comprare qualcosa". Qualcuno tenta di proporre soluzioni alternative: "Basterebbe imporre gli ingressi contingentati in base ai metri quadri della struttura o alla somma dei metri quadri dei negozi – dice Bruno, store manager di Scarpamondo -. Qui sarebbe semplice. Quando si raggiunge il numero massimo di capienza si studia un sistema per abbassare le sbarre del parcheggio e si chiudono gli ingressi pedonali". C’è poi chi cerca di aggirare l’ostacolo rilanciando le vendite online: "Per non perdere tutti i potenziali clienti mio figlio ha studiato un metodo per il quale chi vede un oggetto in vetrina può scannerizzare un Qr code e ordinarlo via internet, anche senza entrare in negozio o fare la fila – spiega Milly Mantellassi, di Creazioni Milly - . Noi ci occupiamo della consegna. Ma non basta per mandare avanti tre famiglie. A novembre abbiamo perso il 75% delle vendite. A dicembre lavoreremo appena 13 giorni. Come pensano che possiamo sopravvivere?".
Leonardo Montaleni