"A lavoro in Israele sotto il lancio di missili"

Giammarco Piacenti da un anno con la sua ditta sta lavorando al restauro della Basilica a Betlemme / GUARDA LE IMMAGINI di Sara Bessi

Piacenti e Grasso nella basilica della Natività di Betlemme

Piacenti e Grasso nella basilica della Natività di Betlemme

Prato, 12 luglio 2014 - "Siamo relativamente tranquilli, se non si guarda in cielo e non si sentono i botti. Siamo in contatto con il Consolato italiano che ci informa con messaggi sui cellulari. Ma se per caso ti arrivano quelli degli israeliani, allora significa che bisogna scappare perché avvertono dell’arrivo di un missile... Abbiamo un container con piombo proveniente dalla Germania fermo ad Ashdod, causa missili verso questo importante porto israeliano. Qui tutto funziona a singhiozzo per ragioni di sicurezza, ma la vita va avanti. I mercati sono aperti, i bambini giocano in strada e noi proseguiamo il lavoro. Il turismo si è bloccato per i venti di guerra». Giammarco Piacenti, titolare della Piacenti Spa, da quasi un anno a Betlemme, a 8 chilometri da Gerusalemme, per il restauro del tetto e le finestre della Basilica della Natività, parla dal suo ufficio a duecento metri dalla grotta della mangiatoia. È rientrato da poco a Betlemme dopo la sua sosta italiana di dieci giorni che tocca a turno ogni cinquanta giorni di permanenza al cantiere: «All’aeroporto è venuto mio fratello Marcello a prendermi, non ci sono stati problemi per arrivare a Betlemme».

«I missili si sono sentiti, visti e i vetri hanno tremato mentre qualche giorno fa si usciva dall’ufficio — racconta Piacenti, che è a Betlemme col fratello Marcello, 12 dipendenti pratesi e pistoiesi, alla livornese Bgreen e alla Legno doc di Prato — è una storia che si ripete ogni volta che la pace pare più vicina. Qui la gente sembra rassegnata a questo stato di cose... I ragazzini insistono a fare quello che fanno sempre. Vanno al check point 300, qui vicino, a infastidire i militari israeliti, li tirano i sassi». L’eccezionalità della presenza di italiani e di un cantiere storico (gli ultimi restauri risalgono al 1474) ha fatto sì che i pratesi si possano sentire a casa. «Uno dei tre Comuni, Beit Sahour, è addirittura gemellato con Agliana — afferma Piacenti — E abbiamo ricevuto anche dal ministero della difesa israeliana il visto per un anno... qui noi resteremo fino al 2016». I lavori alla basilica della Natività vanno avanti senza interruzioni. «Siamo alla prima metà e quello che è più difficile è la programmazione degli interventi proprio per i possibili ritardi nella consegna dei materiali che facciamo giungere dall’Italia. Qui qui i prezzi sono alle stelle». I ponteggi sono stati montati, per la gru sono stati necessari sei mesi, e la basilica mano a mano che il cantiere prende forma non ha più segreti per i pratesi («è un posto che ha un fascino incredibile», commenta Piacenti). «Facciamo diversi turni di lavoro anche di notte, dalle 19,30 alle 3 quando non ci sono funzioni religiose e per evitare il sole quanso si sale sul tetto a 24 metri di altezza. Abbiamo messo in sicurezza gran parte della copertura e delle capriate. Il vecchio piombo del tetto è stato tolto; viene sostituito con piombo più leggero, mentre noi inventariamo ogni pezzo di quello vecchio e lo diamo al Governo». In questo primo anno a Betlemme, Piacenti ha fatto da «cicerone» a molti ospiti illustri.

L’incontro più emozionante è stato con Papa Francesco: «Siamo stati presentati al Pontefice che ci ha stretto la mano a tutti. Poi ci sono stati la Boldrini, Grasso e anche Kerry». E se i missili continuano a passare sopra le teste dei pratesi insieme a quelle della popolazione locale, in quel lembo di terra un germe della pace è stato gettato. Un «miracolo» pratese perchè per la prima volta le tre confessioni che gestiscono la chiesa (greca ortodossa, armena apostolica e l’ordine francescano della Chiesa di Roma) permettono ai nostri artigiani di lavorare in tranquillità accomunati da un unico scopo: una nuova vita per la Basilica.

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