Affittasi casa con orto sulla Luna. «La costruiamo con stampanti 3D»

Via al progetto dell’ingegnere pisano Dini. La spedizione tra 5 anni

Le casette di regolite sulla Luna

Le casette di regolite sulla Luna

Pontedera, 7 giugno 2018 - Srutture abitabili di regolite, dotate di «orto stellare» dove far crescere pomodori e insalate. Benvenuti sulla Luna, dove mezzo secolo fa siamo già andati per vedere come si stava lassù e dove si sa che il sottosuolo è ricco di minerali estraibili. È lì un capitolo importante del business del futuro che, ancora più avanti, potrà aprirsi al turismo spaziale. Adesso colonizzare il nostro satellite è davvero possibile. Come? Grazie a una stampante 3D a getto di sabbia che, proprio in questi ultimi giorni, ha vinto tutte le sfide tecnologiche dopo anni di studi. Ora si possono «stampare» case sulla Luna. Ci sono le conoscenze e agenzie internazionali stanno portando i soldi. A luglio, in Olanda, un workshop internazionale farà il punto finale sulla fase operativa.  E TUTTO questo è possibile grazie anche al sistema D-Shape dell’ingegnere pisano Enrico Dini. Di che si tratta? Di una grande macchina, imbarcabile sul razzo, che lavora con la sabbia: il robot è finalmente pronto. Impasterà in tre dimensioni la regolite (la polvere lunare) con un legante, ricavandone roccia sintetica. Del resto Dini, il cui primo blocco lunare da una tonnellata e mezzo è esposto nella sede del Centro europeo per la ricerca e la tecnologia spaziale di Noordwijk, è l’uomo che ha già realizzato un ponte in Spagna stampandolo in 3D.  E con lo stesso metodo ha realizzato le barriere coralline per ripopolare i fondali del Golfo di Bahrein, dell’Olanda e del Principato di Monaco. In quest’ultimo da anni, ormai, D-Shape ha stampato una barriera di sabbia e manganese, destinata alla riserva del Larvotto.  La Luna è un obiettivo che Dini insegue da anni con il gruppo di imprese Alta Spacc, Foster&partners e la Scuola Sant’Anna di Pisa con i quali ha vinto nel 2009 il bando dell’Agenzia Spaziale Europea nell’ambito del programma Aurora: «Tutto è iniziato da lì – dice – e oggi grazie a quel bando abbiamo gli strumenti per realizzare i blocchi lunari». Nelle vicinanze del lago di Bolsena, Dini ha trovato una polvere di roccia simile alla regolite e così ha potuto realizzare un modello di quella che potrà essere la prima edificazione sulla Luna. Dieci anni di febbrili lavori che adesso aspettano solo di essere colti. I tempi? «Posso ipotizzare 5 o 6 anni per un primo viaggio, ne parleremo ancora assieme a tutti i partner europei dal 3 al 5 luglio proprio nei Paesi Bassi – spiega Dini –. Ci confronteremo su moduli abitativi, colture e mobilità».   

MA COME saranno le case lunari? Una struttura cava a cellule chiuse, protetta da blocchi regolite, che fornisce una buona combinazione di forza e di peso. «Questa tipologia di struttura – dice l’ingegnere pisano – protegge gli abitanti dal vento solare e dai meteoriti che possono piovere sulla superficie lunare, senza essere bruciati dall’attrito con l’aria. Con questa soluzione avremo all’interno anche un’atmosfera e una pressione simile a quella terrestre». Ma poi la Luna è anche l’avamposto per procedere oltre. E gli occhi visionari di Dini – e non solo – sono puntati su un viaggio che dista un anno in più. Tanto serve per andare su Marte. «Il pianeta rosso riscuote ancora più interessi, specie se pensiamo alla Cina o, appunto, agli Emirati Arabi – spiega – : qui, secondo me, le cose potrebbero concretizzarsi in dieci anni». E la colonizzazione deve cominciare dal pianeta sul quale, tra il luglio 1969 e il dicembre 1972, gli astronauti statunitensi sbarcarono sette volte. Ora il nostro satellite va abitato.