Pd, pace toscana in pezzi. Stop al terzo mandato, riformisti all’attacco: “Così si va dietro al M5S”

Alleanze: lente d’ingrandimento puntata sul risultato della Sardegna. Biffoni e Mazzeo sempre in lizza per entrare in corsa alle Europee

L’abbraccio tra segretari Pd, il toscano Emiliano Fossi con Elly Schlein (Foto Marco Mori/New Press Photo)

L’abbraccio tra segretari Pd, il toscano Emiliano Fossi con Elly Schlein (Foto Marco Mori/New Press Photo)

Firenze, 24 febbraio 2024 – Le motivazioni ufficiali di Elly non bastano a ricomporre il partito dopo il terremoto inatteso del no al terzo mandato arrivato con la bocciatura in commissione affari costituzionali all’emendamento presentato dalla Lega per il via libera a Zaia. La direzione Pd si era mossa decidendo per l’astensione. Poi il risultato è stato deciso in zona Cesarini col voto, attizzando il fuoco della minoranza dem anche in Toscana dopo che Energia popolare, la corrente che fa capo a Bonaccini, presidente del partito democratico e governatore dell’Emilia Romagna, interpreta lo scacco dato in commissione come una giochessa degli schleiniani per lasciare in fuori gioco i sostenitori del sì al terzo mandato.

Vero, non vero? Va che in Toscana al triplice fischio si vanifica come uno strato di neve sul bagnato lo sforzo del pretoriano del governatore Eugenio Giani nella costruzione della pax piddiina: spazzato via l’immane lavoro di ricucitura di Stefano Bruzzesi, che dovrà ricominciare daccapo. Non che a lui faccia fatica, gli piace gigioneggaire in quella zona di sole prendendo sottobraccio schleiniaini e riformisti per riprovare una tarantella possibile.

La zuffa è ripresa. Perché non basta il paravento del salva Zaia ad accontentare l’ala riformista. Il più forte sostenitore del sì era ed è il sindaco uscente di Prato, Matteo Biffoni, con un peso istituzionale di rilievo, anche per essere il presidente Anci della Toscana.

La chiusura della saracinesca sul terzo mandato potrebbe aprire le danze sulle candidature europee e mettere in gioco proprio Biffoni, o magari il presidente del consiglio regionale, Stefano Mazzeo, che in questo momento è più defilato dai riflettori. ma in fondo questa ipotesi non è mai uscita dal ventagio delle possibilità.

Certo, le alleanze che già ballavano prima, ora sono tremule. Le voci più critiche all’interno del Pd toscano che scelgono di restare nella penombra parlano di una decisione presa dai vertici nazionali Pd per "correre dietro" (testuale) ai Cinque stelle e che – con questa sindrome – sarà importassimo verificare il verdetto consegnato dai cittadini in Sardegna: è lì che lunedì all’apertura delle urne i risultati decideranno il destino dell’alleanza tra Pd e M5S. Nella consapevolezza che ogni territorio fa storia a sé e che il peso che potrebbe avere il senatore Renzi a Firenze non è commensurabile con il suo appeal in terra sarda.

Favorevole al terzo mandato, come la maggioranza delle figure istituzionali in Toscana, il governatore Giani che l’anno prossimo concluderà il suo primo. "Il fatto di dare continuità per tre mandati può consentire all’amministratore di realizzare le opere senza il rischio che il nuovo amministratore faccia tutto da capo e che in tante realtà si lascino opere incompiute".

A dirla proprio tutta le incompiute prescindono anche dalla continuità delle amministrazioni, ma Giani batte il passo con il governatore cugino emilianoromagnolo, Stefano Bonaccini: un sì limpido al terzo mandato. Come quello del sindaco di Firenze, Dario Nardella, un po’ frastornato dalla contraddizione tra direzi one e aula, in attesa che si sciolgano i nodi per le candidature europee. "L’indicazione della direzione era quella dell’astensione, poi credo si sia voluto dare priorità alla posizione unitaria delle opposizioni ma il tema rimane aperto: spero che nel partito ci sia l’occasione per ridiscuterne e trovare una sintesi". Una sintesi che per ora è lontana quanto l’unità nel Pd.