LINDA MEONI
Cultura e spettacoli

L'amicizia con Pennac, i libri e l'esercizio di felicità: quando Benni incantò Pistoia

Nel 2012 lo scrittore bolognese partecipò al festival di antropologia dei «Dialoghi» insieme al suo storico amico dando vita a una serata memorabile: «In ogni vita c'è più felicità di quanto ognuno possa pensare»

Daniel Pennac e Stefano Benni sul palco dei Dialoghi nel 2012

Daniel Pennac e Stefano Benni sul palco dei Dialoghi nel 2012

Pistoia, 10 settembre 2025 - Il set assomiglia a un salotto. Due poltrone rosse, due persone evidentemente comode sui rispettivi cuscini: lo si intuisce dalla prossemica, quella tipica di chi condivide molto più di una semplice conoscenza. Quella di chi ha fatto un lungo cammino insieme. Se non fosse che quello è un palco – e più precisamente del festival di antropologia culturale «Dialoghi sull’uomo», poi diventati negli anni «Dialoghi di Pistoia» - penseresti di essere a casa di uno di questi due amici. Da un lato c’è Daniel Pennac, dall’altro Stefano Benni. Il tema è «Il dono della scrittura». Ma è chiaro che quando a conversare ci sono due straordinarie creatività il discorso può prendere pieghe delle più inaspettate. Tutte però ugualmente profonde. È il 2012 e anche Pistoia ha l’opportunità di conoscere da vicino lo scrittore e autore bolognese, già questo di per sé un privilegio, moltiplicato dalla presenza di Daniel Pennac, amico fraterno prima ancora che collega che con Pistoia ha un forte legame, la cui culla è Il Funaro. Tra loro parlano un misto perfetto tra italiano e francese, «pennacchiese» lo definisce ironico Benni, e così comincia il dialogo.

«Ho conosciuto Stefano trent’anni fa – esordiva in quella sede Pennac -. Siamo amici veri e come tutti i veri amici nel giro di trent’anni abbiamo esaurito ogni argomento di conversazione. Una cosa però vado chiedendogli da trent’anni: Stefano, qual è stato il momento più bello di tutta la tua vita?». Inizia così il monologo di Stefano Benni, un altro tra i preziosissimi lasciti dello scrittore, dedicato a «L’ora più bella» (pubblicato da Feltrinelli nella collana Zoom in quello stesso anno). «Esiste, o viaggiatore, l’ora più felice della tua vita. Forse ti deluderò, ma ti dico – si rivolge così al suo lettore-viaggiatore – che è impossibile trovarla nei labirinti del tempo umano e te lo dimostrerò. Possiamo dire ‘questo attimo è felice’, ma già si è dileguato e subito un altro attimo incombe e l’ombra di un patibolo ci appare nel sole. Non possediamo una misura che possa dirci che viviamo l’ora più felice: il tempo degli orologi è infinitamente più misero del tempo del nostro cuore. Un’altra persona può suggerirci ‘questa è l’ora più bella della tua vita’. Ma potrebbe mentire e già il fatto che ce lo dica introduce al rimpianto al pensiero che quest’ora svanirà, che stiamo per perderla».

Ed ecco il racconto di quella che potrebbe essere l’ora più felice, qualcosa che ha a che fare con la ribellione di un bambino agli imperativi degli adulti, un tuffo in mare proibito che invece quel bambino infine fece. «Forse ora da vecchio ricordo quell’ora in una sua luce perfetta ma altre ore si accalcano nella mia mente a reclamare il loro diritto a essere la più felice – proseguiva Benni -. Un tramonto nel patio vicino a mio nonno che mi legge un libro bellissimo, un bacio su un treno che correva verso sud e l’aria profumata dei tigli sul volto uscendo dall’ospedale dopo una malattia un campo di girasoli attraversato insieme a mio figlio. Tutte queste ore chiedono esitanti se sono state la più felice, ma io so bene che posso ricordarle ma non posso sceglierne una. Voglio solo che tu rifletta come uno specchio tutte le ore che per te sono state quest’ora non per un esercizio mnemonico, letterario ma per trovare nella tua vita più felicità di quanto ritieni di averne avuta».

E poi le chiacchiere a ruota libera, incalzato dal pubblico. «Non ho mai visto un buon scrittore che si possa definire indifferente. Lo scrittore non è mai neutrale, che parli della piscina di casa sua o dei suoi amori ancillari. Parla della sua piscina, si schiera dalla parte della sua piscina. Io non credo alla neutralità della scrittura. Il libro di Daniel che mi piace di più? ‘La fata carabina’, perché è stato il libro che me lo ha fatto conoscere. Un’amica mi segnalò di uno scrittore che a suo parere avrebbe potuto piacermi. Quando mi dicono così già mi innervosisco un po’ – ironizzava Benni -. Ho comprato il libro nell’edizione francese, l’ho letto in un pomeriggio e due sono state le reazioni. La prima: ‘questo è più bravo di me!’ con a seguire un minuto di malessere intenso. La seconda: sono corso al telefono e ho detto a Carlo Feltrinelli ‘o acquistate questo autore francese o mi faccio saltare in aria dentro la casa editrice’. Beh, per una volta mi hanno ascoltato».

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