"Ucciso da amianto, assolvete l’ex dirigente"

Roberto Cai era responsabile alla fine degli anni ’70 nelle officine Breda. Il pm: "Il fatto non sussiste". La difesa: "Nessun nesso di causalità"

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Assoluzione perché il fatto non sussiste. E’ stata questa la richiesta avanzata ieri davanti al giudice Pasquale Cerrone del tribunale di Pistoia dal pubblico ministero Luisa Maria Adamo, nell’ambito del processo che vede imputato l’ex dirigente delle officine Breda, Roberto Cai, 85 anni, con l’accusa di omicidio colposo, per la morte nel 2004 di Fabio Ceccherini, ex operaio Breda, deceduto per un mesotelioma pleurico. La malattia di Ceccherini, come quella di tanti altri colleghi delle officine Breda, secondo le indagini dirette dalla Procura, sarebbe da ricondurre alla lunga esposizione alle fibre di amianto che l’operaio avrebbe avuto negli anni, dagli anni ’60 fino al 1981. L’ex dirigente Breda è accusato di omicidio colposo, in violazione delle misure anti infortunistica per l’esposizione all’amianto. Ceccherini era entrato in Breda nel 1964. La sua mansione era quella di allestitore delle carrozze, dopo che le stesse erano state coibentate con la tecnica della spruzzatura. Una tecnica questa della spruzzatura che avrebbe causato una esposizione diretta alle fibre di amianto in molti operai. Ma Ceccherini aveva un’altra mansione, intervenendo nel montaggio in un momento successivo. Secondo l’iniziale impianto accusatorio, Ceccherini sarebbe stato esposto alle fibre di amianto fino al 1981, dunque per un periodo prolungato della sua attività lavorativa, periodo nel quale avrebbe con molta probabilità contratto la malattia che sarebbe insorta successivamente. Ma la posizione di garanzia dell’ex dirigente Breda, Roberto Cai, avrebbe solo sfiorato questo lasso di tempo, dal momento che era iniziata nel 1978, ma si era concretizzata nel 1981. Inoltre, la tecnica della spruzzatura, alla fine degli anni ’70, fu abbandonata. Su questi aspetti si concentra la difesa dell’avvocato Andrea Niccolai, legale di Cai. "La posizione di garanzia all’interno dello stabilimento di Roberto Cai – ha spiegato l’avvocato Andrea Niccolai – iniziò di fatto nel 1981, dopo la fine dell’attività di coibentazione a spruzzo. Si può perciò escludere il nesso di causalità con l’insorgenza della malattia. Soprattutto, non esiste alcuna prova scientifica che le esposizioni, certamente bassissime, nell’ultimo periodo, possano avere influito sul decorso della patologia". Il processo è aggiornato al 27 gennaio, data in cui è attesa la sentenza. Il processo per i morti d’amianto si è concluso, lo ricordiamo,nel 2008, con l’assoluzione confermata in appello di tutti gli ex dirigenti degli stabilimenti di via Ciliegiole. Furono analizzati 17 decessi, ma non fu possibile attribuire la responsabilità penale per quelle morti. La maxi indagine era stata avviata nel 1995 e prese in esame 170 decessi sospetti.

M.V.