Ululati in Appennino: i lupi sono più di 40

L’esperta: «Otto i branchi accertati, alcuni si spingono fino alle porte della città»

Uno dei lupi che vivono nella provincia di Pistoia

Uno dei lupi che vivono nella provincia di Pistoia

Pistoia, 15 agosto 2019 - Sono circa  una quarantina, divisi in sette/otto branchi e occupano il territorio Pistoiese e quello limitrofo, a cavallo con le province di Prato, Bologna, Modena, Lucca e godono di ottima salute. A fare a La Nazione il punto, aggiornato, dei lupi nell’Appennino tosco-emiliano è Francesca Ciuti, ricercatrice e tecnico faunistico, che da molti anni studia la presenza e il comportamento di questi animali.

Partiamo dalle ultime segnalazioni: cosa c’è di vero sulla presenza dei lupi in Montalbano?

«E’ accertata ormai da qualche tempo. Un branco c’è sicuramente: parliamo almeno di quattro o cinque esemplari».

Lupi, non cani selvatici?

«Nelle nostre zone quest’ultimi non sono segnalati. Piuttosto possono esserci cani padronali vaganti, anche se ad essere scambiati per lupi solitamente sono i cani lupi cecoslovacchi, razza che negli ultimi anni ha trovato largo riscontro. In alcuni casi gli ululati di questi cani vengono scambiati per quelli dei lupi».

Come e da dove pensa siano arrivati questi animali sul Montalbano?

«Difficile saperlo. Probabilmente si sono spostati verso ovest dal Serravalle, dove la loro presenza è accertata da anni».

Quindi non è vero che il lupo vive soltanto in zone isolate, foreste sperdute, dirupi inaccessibili...

«No, questo è un mito da sfatare. Si tratta di animali che hanno un’enorme capacità di adattamento al territorio e che possono vivere anche in zone antropizzate. Ogni branco ha a disposizione un’area di ottanta/cento chilometri quadrati, che possono essere anche meno in appennino settentrionale e con delle aree di sovrapposizione tra branchi».

Possono spingersi anche vicino alle case?

«Certamente. E i molti avvistamenti confermano questa tesi. I motivi sono sostanzialmente due: primo perché nella bassa collina ci sono molte più prede rispetto che in alta montagna. Secondo perché vicino alle case possono trovare purtroppo cibo ‘facile’, come i rifiuti lasciati ai cassonetti».

O come pecore o capre nei recinti...

«Sì, ma in questo caso occorre una precisazione. Il lupo è un predatore, e come tale si comporta. Dal momento che la sua presenza sul territorio è certa, bisogna che quanti allevano o detengono animali anche a fini turistici o ricreativi (solitamente gli allevatori professionisti già lo fanno) prendano tutte le precauzioni necessarie».

Tipo?

«Le recinzioni sono fondamentali. E devono essere verificate periodicamente, per controllarne l’integrità. I cani da guardiania sono importanti ma ogni situazione è diversa dalle altre e andrebbero studiate le soluzioni ad hoc».

Qualche consiglio anche per chi ha animali da compagnia?

«Vale lo stesso principio: bisogna evitare di lasciarli da soli, soprattutto in parchi o giardini non recintati che confinano con pezzi di bosco».

Nessun problema per l’uomo?

«Da oltre due secoli non vengono segnalati attacchi nei confronti dell’uomo. Detto questo, dobbiamo considerare che con gli animali selvatici vanno sempre adottati comportamenti corretti, a maggior ragione con un animale predatore».

Quali strumenti usa per il suo lavoro?

«Soprattutto fototrappole che lascio in determinate zone di passaggio. C’è un problema, però».

Ovvero?

«Che spesso queste fototrappole spariscono. Nella migliore delle ipotesi perché vengono ritrovate nel bosco, non riconosciute, ritenute sospette e quindi portate alle forze di polizia. Ma spesso vengono semplicemente rubate».

Altre tecniche?

«Sicuramente l’ululato indotto, quello che in inglese si definisce wolf-howling e ci permette di stabilire il numero minimo di branchi sul territorio. Ci sarebbe anche l’analisi genetica degli escrementi, ma attualmente non ci sono più i fondi regionali per questo tipo di indagine. Fondamentale risulta il rinvenimento delle carcasse di individui morti a cui segue analisi genetica, per capire se si tratti di lupo o eventuale ibrido, e analisi necroscopica che consente di stabilire causa di morte ed eventuali malattie».

Le cause di morte più frequenti?

«Gli individui rinvenuti sono quasi sempre investiti, ogni anno mediamente un paio di esemplari finiscono uccisi dalle automobili anche nella nostra provincia. I branchi che seguiamo sono tutto sommato in salute e gli animali hanno le malattie tipiche di questa specie, come la rogna».

Nessun animale preso a fucilate?

«Non ci risulta. Anche perché il lupo è una specie protetta e la sua uccisione rappresenta un reato penale perseguito dalla legge. Quindi, anche se qualcuno avesse ucciso volutamente un esemplare, difficilmente lascerebbe la carcassa a giro».

Progetti di monitoraggio nelle nostre aree ce ne sono?

«Nella nostra provincia al momento il progetto, dopo l’interruzione nel 2016 del finanziamento regionale, è supportato dagli Enti territoriali, ma le risorse a disposizione si sono drasticamente ridotte».