"Con le mie cartoline vi racconto la Pistoia scomparsa"

Nel suo archivio Paolo Cerretini custodisce un milione di cartoline delle più disparate, la maggior parte delle quali raffiguranti Pistoia e Firenze com'erano. E su Facebook la sua opera di divulgazione fa il pieno di clic

Il Palazzaccio, oggi sostituito dal Palazzo del governo (collezione Cerretini)

Il Palazzaccio, oggi sostituito dal Palazzo del governo (collezione Cerretini)

Pistoia, 11 luglio 2019 - Trovarsi a parlare con lui somiglia molto a un viaggio indietro nel tempo che con parole accompagnate da immagini inedite – le più in bianco e nero – raccontano una Pistoia che non c’è più: per alcuni, i più adulti, è un rivivere ricordi di bambino, ma per altri, i più giovani, è vedere qualcosa per la prima volta che parla della città in cui si è sempre vissuto. A condurre il viaggio c’è Paolo Cerretini, 41 anni, storico dell’arte e guida turistica, diventato anche grazie a Facebook (dove ha aperto un gruppo che si chiama «La bella Pistoia di una volta») uno dei divulgatori locali più cliccati. Quotidianamente infatti Cerretini propone una serie di bellissime cartoline che ritraggono zone ormai inesistenti della città, scorci suggestivi, ricordi dalla Pistoia di una volta. Cerretini ha una collezione di un milione di cartoline. Certo non tutte hanno come protagoniste Pistoia, ma questa parte della raccolta è assai consistente.

«Sono specializzato in Pistoia, Firenze, Toscana e storia locale in generale – racconta Paolo – sono comunque un entusiasta del passato, di ciò che era e non è più. Diffondere queste immagini è per me la possibilità di far conoscere a molti la Pistoia di un tempo ma è anche un monito a chi ci amministra: ‘guardate come sarebbe bello se la città potesse tornare a certi splendori...’». Scorrere la collezione serve anche ad accorgersi di quanto l’assetto della città sia cambiato, perdendo il suo aspetto originario. «La vera rivoluzione è accaduta intorno agli anni Trenta – spiega lo storico -. Interi quartieri sono spariti, sventrati, per far spazio a progetti ambiziosi che poi si sono rivelati peggiori degli edifici che sostituivano. Penso ai quartieri di San Matteo, a quello di San Leone, nei dintorni delle vecchie chiese che portavano il loro nome. Siamo in zona via Roma e via della Nave. L’aspetto della città cambiò in modo irreversibile».

Ma qual è secondo lei il vero smacco pistoiese? «Aver abbattuto il palazzaccio, quello che oggi è il palazzo del governo: molti riconoscevano in quell’assetto la vera, autentica piazza del Duomo medievale. E poi lo sventramento del quartiere ex cinema Paradiso che ha portato a un radicale intervento di riqualificazione».

Quali sono le cartoline più amate dagli utenti? «Quelle che ritraggono la loggia dei mercanti, il loggiato con maestosi bassorilievi che illustravano scene del commercio di animali. Una splendida quinta per via Roma, di cui i pistoiesi più giovani non hanno memoria. E poi il Canto alla Porta Vecchia, al termine di via degli Orafi, dove si trovava l’Emporio Lavarini, vero ritrovo dei pistoiesi fino alla fine degli anni Settanta. Con la sua torre in stile liberty svettava sul centro, imponente e caratteristica».

La Pistoia più inedita? «Il monastero delle Salesiane dove oggi è il cinema Lux, abbattuto per costruire una caserma, la Umberto I. La Barriera, ai tempi una vera cinta daziaria con tanto di cancellata, poi trasferita all’ex mercato ortofrutticolo di Porta al Borgo. O il sistema delle gore: in pochi ricordano che via Buozzi era letteralmente spaccata in due da un fosso, poi colmato a metà Ottocento».

Com’è nata questa sua passione per il collezionismo? «Ho cominciato frequentando la vecchia biblioteca dei ragazzi in piazza Spirito Santo. È nato l’amore per la storia. Poi ho cominciato a frequentare i mercatini e grazie a quelli sono riuscito a raccogliere cartoline di ogni tipo, anche di guerra o censurate: si tratta di cartoline vuote, solo affrancate, che sotto al francobollo riportano messaggi in codice tra partigiani oppure frasi d’amore per la propria amata».