Le conseguenze degli anni sabbatici per gli allenatori sono sempre quelle di più difficile lettura perché sono mesi dedicati allo studio, all’approfondimento e in qualche caso anche alla revisione del proprio modo di fare calcio. E Maran, quasi certo prossimo inquilino della panchina nerazzurra, è reduce proprio da una di queste stagioni di riflessione. Però il 58enne tecnico alto-atesino di tracce alle sue spalle ne ha lasciate parecchie, non fosse altro perché è sulla breccia da ben diciassette anni, gli ultimi dieci dei quali trascorsi in serie A sulle panchine di Catania, Chievo, Cagliari e Genoa. In cadetteria, invero, l’ultima volta fu nel 201112 con il Varese delle meraviglie che sotto la sua guida arrivò ad un passo dalla serie A, perdendo la finale play-off con il Sampdoria. Una squadra camaleontica che partiva da un 4-4-2 apparentemente classico che, però, spesso si trasformava in 4-3-1-2 o in avveniristico 4-1-3-2. Una duttilità tattica, però, che il tecnico originario di Trento ha conservato anche in serie A: per gli amanti delle statistiche l’assetto che ha utilizzato più spesso è stato il 3-5-2. Però, attenzione: i risultati migliori li ha ottenuti con 4-3-1-2 alternato al 4-2-3-1. Per Maran è fondamentale l’asse centrale delle proprie squadre, quella spina dorsale costituita dalla coppia centrale, il play-maker, il trequartista e il centravanti.
Basti ricordare il Catania 20122013 che, sotto la guida del quasi certo futuro tecnico nerazzurro, conquistò l’ottavo posto realizzando il record di punti degli etnei nel massimo campionato (56). I difensori centrali erano Legrottaglie e Spolli, davanti alla difesa c’era Almiron e sulla tre quarti, alle spalle del bomber Bergessio, agiva il Papu Gomes. Nel 2015-16, sulla panchina del Chievo, raggiunse un inaspettato nono posto con Cesar e Gamberini al centro della difesa, Rigoni in mediana e uno fra Floro Flores, Inglese e Pellissier in avanti. Discorso simile nel 2018-19 a Cagliari, con i sardi che potevano contare su un asse centrale potenzialmente devastante almeno dalla cintola insù con Barella in mediana e Joao Pedro alle spalle di Pavoletti. L’ultima esperienza in A, a Genoa, non è stata particolarmente esaltante ma fu quella in cui cominciò a brillare la stella di Scamacca che realizzò sei reti in 12 gare con l’altoatesino in panchina. Perché nelle squadre di Maran i centravanti di grande struttura fisica e presenza in area di rigore hanno sempre avuto un posto di riguardo. Che sia un indizio che conduce a Lucca?
Francesco Paletti