Elena D'Amario: da stella di Amici alla Parsons Dance

Da cinque anni nella compagnia americana / AL VERDI GLI ATLETICI DANZATORI DELLA PARSONS DANCE

Elena D'Amario

Elena D'Amario

Pisa, 27 febbraio 2015 -­ 24 anni e una collezione di successi. Elena D'Amario ne aveva poco più di 18 quando diventò la stella di 'Amici' e ora, da quella splendida ballerina che è, la ritroviamo in una delle più note compagnie americane, unica italiana degli atletici e energici danzatori che questa sera al Teatro Verdi porteranno il meglio dei loro spettacoli. La Parsons Dance di David Parsons, uno dei massimi esponenti della post modern dance americana, ci presenta infatti alcuni brani delle sue leggendarie coreografie, come Hymn, Swing, Nascimento e Caught, il celebre 'pezzo' che Parsons creò per se stesso nel 1982, tra i più conosciuti e richiesti. Ed è proprio Elena D'Amario, che salta in alto quanto un uomo, ad avere l'onore di interpretare questo brano, onore toccato solo a due donne prima di lei, ma per una versione modificata. Quella che vedremo stasera al 'Verdi' è invece quella originale. Un altro successo personale per questo giovane talento pescarese dalla chioma lunghissima che dal palco emana da sempre un'energia strordinaria. ­

Elena, ci racconta lo spettacolo in anteprima? "Sono cinque pezzi, tra i capolavori di David Parsons. Saranno 68 minuti ininterrotti di danza, una danza energetica, piena di gioia, accessibile a tutti, a qualsiasi età e qualsiasi professione. Questo è il nostro punto di forza: riuscire a divertire e interessare anche chi non ha mai visto questo genere di spettacolo. Siamo in tutto otto ballerini che interagiamo in maniera profonda. E il muro tra noi e la platea improvvisamente scompare...."

­Lei come è arrivata alla danza? "Avevo 10 anni e ballavo dappertutto e in continuazione. Facevo pallavolo, ma quando ero in campo ballavo. Un giorno ero in auto con mia mamma e per caso passammo davanti ad una scuola di ballo. Lei mi chiese se volevo iscrivermi e io non me lo feci ripetere due volte. Da quel momento la danza è stata la mia vita, la mia aria. A 18 anni, una volta terminati gli esami per la maturità classica feci il concorso per entrare ad 'Amici' e lo vinsi. La sera della finale David Parsons era lì e mi propose un contratto nella sua compagnia come stagista. Partiì per New York nell'agosto del 2010. Dopo appena due settimane mi arrivò il contratto a tempo indeterminato con la compagnia. Ed ora eccomi qui".

­Cosa le manca? "Questo è un lavoro intenso e per un danzatore New York è il massimo. Però l'Italia è il mio Paese e mi manca tanto, così come la mia famiglia. La domenica sera è micidiale". ­

Lei ha solo 24 anni. Quale è stato il momento più difficile del suo breve, ma intenso, percorso artistico? "Ce ne sono stati tanti. Sono arrivata negli Stati Uniti che avevo appena compiuto 19 anni. Non sapevo l'inglese e il problema sociale si è fatto sentire. E' vero che la danza è un linguaggio universale, però è anche vero che il primo anno ho dovuto traslocare 8 volte.... Poi ho conosciuto la competizione. In America tutto è più business e freddo, molto meno familiare che in Italia. E infine c'è stato l'infortunio e un mese di operazione di fermo per l'operazione al menisco. Anche se è successo in un momento di vacanza, per un ballerino a livello psicologico è tremendo". ­

E' vero che la danza è un linguaggio universale, però ha tanti dialetti. Lei a quale di questi dialetti sente di appartenere? "A quello della comunicazione. Danzare è bellezza, precisione, tecnica. E nervi. Ma tutti questi elementi si riducono a niente se non si riesce a comunicare"

­A 18 anni era una 'stella' di 'Amici'. Adesso balla per una delle compagnie americane più importanti. Il successo l'ha resa migliore o peggiore? "Mi ha migliorato perché mi ha motivato ogni giorno. Forse anche grazie all'educazione ricevuta, non ho mai perso di vista l'obiettivo principale, che è la danza, quindi non ho mai perso il contatto con la gente. E poi noi ballerine non siamo dive. Abbiamo un'umiltà più spiccata di altri protagonisti del palcoscenico". ­ Che effetto le fa una platea piena di gente? "Mi carica, mi fa sentire al sicuro. Il momento di stallo è prima, dietro le quinte".

­Cosa c'è dopo la danza? ​"Mi mette ansia pensarci. Lo so che quello del ballerino è uno 'short business'. Per questo è giusto realizzarsi ora, così da non avere rimpianti. Dopo la danza c'è la trasmissione della nostra esperienza ai nuovi ballerini. Per me ci sarà la coreografia ed anche l'insegnamento. Soprattutto per quest'ultimo ho una passione grandissima".