Carcere «Don Bosco», da un anno un’aggressione al mese

In occasione della festa della Polizia penitenziaria, il comandante Pennetti ha fatto il punto sulla struttura e le attività:sovraffollamento e carenza di personale i problemi principali. Ma il reparto femminile sarà ristrutturato

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Pisa, 13 settembre 2019 - La Polizia penitenziaria ha compiuto quest’anno 202 anni. Tanto è passato da quando nel 1817 il Regno di Sardegna dava vita alle Famiglie di Giustizia, il primo esempio di forze dell’ordine specializzate nell’attività carceraria nel territorio italiano. Un corpo di Polizia a sé stante, «che vive e lavora alla frontiera, in quella delicatissima zona di contatto tra lo Stato e chi ne ha violato le regole». Così lo ha definito il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede nel messaggio inviato per l’occasione. Un compleanno da onorare per il servizio che il corpo di Polizia rende quotidianamente allo Stato, senza però dimenticare che il carcere è un mondo complesso e pieno di problemi: le strutture fatiscenti, la carenza di organico e le aggressioni agli agenti da un lato; il sovraffollamento, gli atti di autolesionismo e i suicidi dall’altro lato, quello dei detenuti. Tutto questo senza perdere di vista un dovere a cui il corpo è tenuto dalla riforma del 1990: la partecipazione al trattamento rieducativo del detenuto, dando applicazione concreta all’articolo 27 della Costituzione che parla espressamente di «pene che devono tendere alla rieducazione del condannato».

Il carcere «Don Bosco» non fa eccezione, come illustrato ieri dal comandante Francesco Pennetti davanti alle più alte cariche civili e militari del territorio pisano, presenti per l’importante ricorrenza. Di fronte a una capienza massima di 250 persone, sono 280 i detenuti attualmente presenti nella casa circondariale. Molti i tossicodipendenti o quelli con problemi psichiatrici. Negli ultimi anni la popolazione carceraria ha cambiato profondamente pelle: sono ben 170, la stragrande maggioranza, gli stranieri. Una situazione destinata ad aggravarsi visto che a breve si aggiungeranno 30 donne del reparto femminile, ora in ristrutturazione, e 15 detenuti di una sezione del reparto penale inagibile. Si arriverà dunque ben oltre le 300 unità. Una situazione molto difficile, che non a caso dal settembre 2018 ad oggi ha provocato 13 aggressioni (una al mese) a 16 militari della Polizia penitenziaria, per un totale di 305 giorni di infortuni sul lavoro.

Ciò nonostante l’attività degli agenti è stata capillare sia fuori che dentro il carcere. Anche qui i numeri parlano: 10 sequestri di sostanze stupefacenti, 72 denunce all’autorità giudiziaria, 93 verbali di sommarie informazioni testimoniali e verbali di identificazione, 871 traduzioni di detenuti in totale. E questo nonostante una carenza cronica di personale, soprattutto ispettori e sovrintendenti. In totale, ci sono 37 sottoufficiali in meno rispetto al necessario. Ma qualcosa, nonostante tutto, si muove. La struttura verrà migliorata grazie alla ristrutturazione del reparto femminile, che sarà ultimata entro la fine dell’anno. E proprio ieri è stata inaugurata la nuova sala convegni, con il taglio del nastro del prefetto Giuseppe Castaldo e del direttore del carcere Francesco Ruello .

La celebrazione si era aperta con l’esecuzione dell’inno d’Italia e la lettura dei messaggi del presi dente della Repubblica Sergio Mattarella e del ministro Buonafede. Il capo dello Stato ha ringraziato uomini e donne della Polizia penitenziaria «per il costante e generoso impegno posto nell’adempimento dei loro doveri», mentre il Guardasigilli ha detto che il «tempo del lavoro nell’ombra è finito», ricordando poi gli investimenti introdotti dal vecchio governo nel 2019: l’assunzione di 1300 unità in più, spese maggiori negli equipaggiamenti, interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione delle carceri. L’ultimo messaggio letto è stato quello del capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Francesco Pennetti, che ha tracciato un bilancio dell’attività svolta dalla Polizia penitenziaria, non dimenticando di sottolineare l’impegno e la dedizione con cui ogni giorno gli agenti fanno il proprio lavoro in condizioni difficili.

È intervenuto poi il direttore della casa circondariale di Pisa, Francesco Ruello, che ha letto alcune righe scritte dalla senatrice a vita Liliana Segre sulla sua permanenza nel carcere di San Vittore e sulla deportazione ad Auschwitz. Citando l’umanità che i detenuti comuni del carcere milanese mostrarono alla Segre nei momenti della partenza per il campo di concentramento, Ruello ha posto l’accento su due valori che ogni persona ha, anche se detenuta e privata della libertà personale: dignità e libertà.

In chiusura sono stati premiati dalle autorità, con lodi ed encomi, assistenti capo coordinamento, assistenti capo, agenti scelti, agenti semplici e un viceispettore che in questi anni si sono distinti per aver sedato risse e proteste in carcere e per aver sventato reati intervenendo mentre non erano in servizio.

Francesco Cofano