PAOLA
Cronaca

"Aggressioni al personale sanitario: la vulnerabilità dei reparti d'emergenza e la mancanza di sicurezza"

Aumentano le aggressioni al personale sanitario, con casi recenti a Pontedera e Pisa. Mancano misure di sicurezza nei pronto soccorso, mettendo a rischio operatori e pazienti. La professione medica diventa sempre più difficile, con la gestione di malati psichici e criminali. La situazione rimane critica nonostante le promesse e le proteste dopo la tragedia della dottoressa Capovani.

Zerboni

Purtroppo, però,anche in questi giorni siamo a raccontare sulle nostre cronache (vedi edizione di Pontedera) di aggressioni a personale sanitario. Al Lotti un’infermiera del Triage colpita da una scarica di pugni alla schiena da un paziente in stato di alterazione. Ventiquattr’ore prima, sempre all’ospedale di Pontedera, un venticinquenne straniero aveva dato di matto perché voleva passare avanti alle altre persone in attesa, minacciando medici e infermierio, con il pronto soccorso rimasto per circa un’ora in balia dell’esagitato che è stato poi bloccato e denunciato (!) per interruzione di pubblico servizio. Il tutto perché - a tutela dei sanitari e dei pazienti più ’pazienti’ - non c’è un servizio di vigilanza, né un pulsante antiaggressione, né la videosorveglianza a presidio del Triage. Eppure il pronto soccorso è in un ospedale uno dei reparti più delicato: qui gli operatori dovrebbero esser messi in condizione di preoccuparsi solo di prendersi cura di chi arriva lì barellato o meno, non anche della propria incolumità.

Risale al 19 aprile, infine, il reportage della nostra redazione all’interno del reparto dell’Spdc di Pisa, nel Santa Chiara, dove lavorava la dottoressa Barbara Capovani. Qui abbiamo incontrato i due colleghi che hanno raccolto da lei il testimone: pesante fardello di una professione che negli anni, fra tagli alla sanità territoriale, lacune legislative varie, scaricabarile burocratici vecchi e nuovi, è diventata quotidiana trincea: non più e non solo cura dei malati psichici veri (paradossalmente, ci raccontano, sono i più gestibili), ma anche e soprattutto gestione delle misure contenitive nei confronti di chi commette reati per i quali viene fatta dichiarazione di incapacità e pericolosità sociale. Destinati alle Rems, li parcheggiano all’Spdc anche per nove mesi, con tutti i rischi del cao. No, un anno dopo la tragedia di Barbara Capovani, fiaccolate, proclami bipartisan, protocolli e pulsanti vari, evidentemente ancora non ci siamo.