REDAZIONE PISA

A caccia di inquinanti sulle nostre spiagge

Il progetto (unico al mondo) del professor Castelvetro: "Cerchiamo le microplastiche non in acqua ma su costa e fondali"

Particelle spesso impossibili da identificare in mezzo alla sabbia. Una forma di inquinamento pervasivo di cui si sa pochissimo, ma abbastanza per lanciare periodicamente allarmi ed sos. Per ‘contare’ e analizzare le microplastiche sulle nostre coste non basta, però, campionare l’acqua del mare e dei fiumi come è stato fatto fino ad oggi. L’altra strada, percorribile grazie ad un protocollo unico al mondo elaborato proprio dall’università di Pisa, è lo studio dei sedimenti marini di spiaggia e fondale. L’analisi dei primi dati è in corso, un lavoro accurato e innovativo condotto dal professor Valter Castelvetro alla guida di un team di ricercatori del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale, tutti con competenze nell’ambito dei materiali polimerici (materie plastiche) e della chimica analitica. Il progetto, finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca con la partecipazione dell’Ente Parco, ha visto come campi di analisi la spiaggia della Lecciona a Torre del Lago e il lago di Massaciuccoli. E’ qui che il protocollo – battezzato "Pisa", acronimo di Polymer Identification and Specific Analysis – ha iniziato il suo cammino.

In che senso ‘Pisa’ è una modalità di ricerca unica al mondo?

"Perchè va ad analizzare le concentrazioni presenti non nelle acque ma su fondali e spiagge che sono i principali siti di accumulo delle microplastiche, con una sensibilità tale da poter prendere in considerazione anche quantitativi molto bassi. Il protocollo permette inoltre di rilevare la massa totale. Si tratta di una metodologia del tutto originale che ci consente di identificare i diversi tipi di microplastica, polimero per polimero mentre sino ad oggi la tecnica più comune e utilizzata si limitava a fare una separazione grossolana delle microplastiche dai sedimenti, seguita da una laboriosa e inaccurata conta tramite tecniche di microscopia e spettroscopia microscopica".

Che cosa troviamo sulle nostre spiagge?

"Poliolefine, di cui sono fatti gran parte degli imballaggi alimentari, e polistirene. Idrocarburi composti, fibre tessili, nylon".

Chiusi i primi campionamenti, ora è in corso l’analisi. Emerge già qualcosa?

"Abbiamo riscontrato una particolarità. Nelle spiagge con sabbia in cui sono presenti acidi di ferro le microplastiche vengono decomposte con maggiore facilità. Ma è una teoria ancora da confermare".

Una volta che la ricerca sarà conclusa quali interventi sarà importante programmare?

"L’inquinamento da microplastiche è un problema che va affrontato unendo le forze. Regione, Ispra e tutti gli altri enti coinvolti: la nostra ricerca e il nostro protocollo può essere una valida base di intervento".

Francesca Bianchi