Non facciamo di Sinner una specie di oracolo

L'esempio dei virologi: nell’emergenza Covid alcuni di loro sono stati chiamati per parlare di temi che non c’entrano con la loro specializzazione. Avranno le loro idee politiche, ma valgono quelle di chiunque altro

Il tennista Jannik Sinner e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante la visita di giovedì scorso al Quirinale

Il tennista Jannik Sinner e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante la visita di giovedì scorso al Quirinale

Firenze, 4 febbraio 2024 - Il tennista Jannik Sinner, 22 anni, non ha fatto in tempo a vincere l’Australian Open che già deve giustificarsi. Va o non va al Festival di Sanremo? Se va è un cialtrone senza pensieri, se non va è un elitario da strapazzo. Dunque: no, non ci va. "Guardo avanti: quando dovrei andare a Sanremo sarò già a lavorare, che è quello che mi piace fare", ha detto. Avanti. Ha la residenza a Montecarlo. Perché? È un evasore o uno che elude le tasse? (Sì, ma quanti siete? E da dove venite? Un fiorino!). Sta a Montecarlo, perché è lì che si sente a casa, ha spiegato. Avanti ancora. È un "punto di riferimento morale", come è capitato di sentire in tv, o un anti-italiano? E via così.

La spettacolarizzazione e la teatralizzazione della politica, dello sport, della letteratura, della scienza, unita alla polarizzazione dello scontro - presente in ognuno degli ambiti appena citati - ha prodotto grossi ircocervi. Non è più sufficiente che uno sportivo, un politico, uno scrittore, uno scienziato sia bravo e competente nel suo campo. No, deve essere anche un punto di riferimento morale, esposto come un trofeo nei consessi più variegati. Straparla di cose che non conosce, appena è diventato noto, o vince un premio o una gara, qualsiasi essa sia.

Ora c’è chi vorrebbe trasformare Sinner, un meraviglioso giocatore di tennis, in una specie di oracolo. Intendiamoci, il futuro numero uno del mondo di tennis ha molte cose da insegnare. A me colpisce la sua capacità di restare concentrato e di non perdere mai di vista l’obiettivo. Un giorno, magari, se e quando vorrà, spiegherà il metodo. Si fa fatica a capire tuttavia perché tutta questa ansia di riferimenti morali. Capisco la secolarizzazione, la difficoltà nel reperire guide spirituali o maestri variamente intesi, ma: già fare bene quello che si fa, o persino essere eccezionali in quello che si fa, senza prestarsi a essere o pensare di essere qualcos’altro, mi sembra rivoluzionario, in un mondo in cui c’è chi straparla degli argomenti più vari.

Lo aveva già detto Nanni Moretti in Sogni d’oro: "Tutti vi sentite in diritto, in dovere, di parlare di cinema. Tutti parlate di cinema. Parlo mai di astrofisica io? Parlo mai di biologia io? Parlo mai di neuropsichiatria? Di botanica? Di algebra? Io non parlo di cose che non conosco. Parlo mai di epigrafia greca? Parlo mai di elettronica? Parlo mai delle dighe, dei ponti, delle strade? Io non parlo di cardiologia, io non parlo di radiologia. Io non parlo delle cose che non conoscoooooooooo".

In questo caso, peraltro, non ci si limita alla sola conoscenza o alle sole capacità tecniche. Eh no. C’è di mezzo la morale, che può essere anche molto sofisticata. Si cerca dunque un indirizzo in mezzo a questo caos esistenziale, a questa farsa che "durerà ancora miliardi di anni", come dice Ennio Flaiano. Mettendo però un sacco di pressione a un ragazzo che ha appena trionfato in un prestigioso torneo di tennis. Avrà tanti anni a disposizione, Jannik Sinner, per diventare, come tutti, me compreso, un sontuoso trombone. Speriamo che decida di farlo lui, da solo (e il più tardi possibile).

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