E se il fronte dei sindaci facesse colpo a destra?

Può nascere un movimento civico regionale che guardi a destra? Le sensibilità sul tema, tra i sindaci della destra toscana, sembrano essere diverse e il dibattito proseguirà. Ma di certo c’è l’intenzione di far presente all’elettorato che non c’è soltanto il “partito dei sindaci” dem

Michele Conti, il sindaco di Pisa esultante dopo la vittoria bis per il Comune

Michele Conti, il sindaco di Pisa esultante dopo la vittoria bis per il Comune

Firenze, 18 febbraio 2024 – La destra toscana governa quasi tutti i capoluoghi di provincia, a eccezione di Firenze, Prato e Livorno. Tre Comuni che quest’anno andranno al voto e sui quali c’è una forte attenzione politico-mediatica (dei tre, al momento, il più contendibile pare Prato). La coalizione alternativa al Pd ha dunque l’occasione di incrementare il numero di giunte di destra, magari facendo leva su una formula politica che ha già trovato fortuna, quella del civismo. La questione non riguarda tanto la scelta dei candidati, che magari possono anche essere politici e non soltanto espressione della società civile, ma ciò che li sorregge. Le leadership sono un sostituto dei partiti politici, svolgono persino un ruolo di surrogato delle organizzazioni partitiche, accentrando decisioni ed esercitando il potere in autonomia. Tanto questo ci sembra più vero nel caso dei sindaci, eletti direttamente dai cittadini e capaci di vincere le elezioni contro avversari competitivi in virtù del valore aggiunto delle loro liste civiche, come testimonia il caso di Michele Conti a Pisa, rieletto l’anno scorso grazie anche al 14,5 per cento della sua lista. È dunque in corso un dibattito nella destra toscana: si può usare l’esperienza civica delle città per le elezioni regionali del 2025? Può insomma nascere un movimento civico regionale che guardi a destra? Le sensibilità sul tema, tra i sindaci della destra toscana, sembrano essere diverse e il dibattito proseguirà. Ma di certo c’è l’intenzione di far presente all’elettorato che non c’è soltanto il "partito dei sindaci" del Pd; potenzialmente ce n’è anche uno di destra. Certo, a sinistra il partito dei sindaci viene evocato dai leader nazionali solo quando c’è bisogno di qualcuno che, sui territori, porti voti; e dagli stessi sindaci viene utilizzato con un eccesso di retorica che ha il difetto della mancanza di concretezza. A destra, invece, è un esperimento mai provato (anche solo a livello retorico), perché nella storia di questa Regione non c’è mai stata una tale concentrazioni di amministrazioni locali guidate dalla coalizione di cui è a capo oggi Giorgia Meloni. L’elettorato toscano non ha problemi a votare a destra ma sembra rifuggire in ogni modo gli estremismi. Per questo, tra i sindaci del destra-centro c’è un dibattito su come potere far fruttare l’esperienza politica di questi anni. D’altronde, alcune vittorie non sono state un caso, visto che dopo un primo mandato ne è arrivato un altro. L’egemonia culturale leghista, avviata nel quinquennio successivo al 2018, non è durata abbastanza. Non è stata in grado di sostituire l’architrave politico di una ex regione rossa come la Toscana. Ha vinto usando l’insoddisfazione dei toscani per il Pd, considerato in alcune parti come il partito della conservazione. Ma le egemonie culturali si reggono su ben altro. A partire da una cultura condivisa dal potere e dal popolo. Resta da capire come i singoli partiti della coalizione potrebbero prendere un’iniziativa del genere, portata avanti dai sindaci toscani, intenzionati anche a fare degli incontri pubblici comuni. Qualcun o potrebbe vederci un tentativo di oscuramento, se non di usurpazione. D’altronde anche il più civico dei sindaci viene sempre indicato da qualche partito.

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