
Pecore Elettriche
Firenze, 21 settembre 2025 – L’omicidio di Charlie Kirk ha aperto un vaso di Pandora di reazioni convulse tra insulti alla memoria di Kirk, richieste di licenziamento per quelle persone, invero orribili, che hanno esultato per la sua morte e paragoni italiani improponibili a proposito della violenza politica (lasciamo gli anni Settanta dove stanno, per favore).
Nella patria del free speech, al secolo gli Stati Uniti, stanno accadendo cose sconcertanti. Kirk è uno che amava i dibattiti pubblici, andava nei campus universitari con il format «Prove me wrong», dimostratemi che sto sbagliando. La destra trumpiana sta però rovesciando il significato di quelle parole avviando una feroce caccia alle streghe nei confronti di chi si permette di criticare il movimento MAGA.
Ne sa qualcosa Jimmy Kimmel, conduttore di un popolare late show che è stato sospeso «fino a data da destinarsi» dall’emittente televisiva Abc (parte del gruppo Disney) dopo che una serie di tv locali si erano rifiutate di mandare in onda il «Jimmy Kimmel Live» a causa di commenti fatti dal conduttore: «Abbiamo toccato nuovamente il fondo nel fine settimana, con la banda Maga che cerca disperatamente di ritrarre il ragazzo che ha ucciso Charlie Kirk come qualcosa di diverso da quello che è, cioè uno di loro, e che prova in tutti i modi a trarre guadagno politico da questa storia», ha detto Kimmel. In realtà l’identità politica del presunto omicida, Tyler Robinson, è ancora indefinita.
Ma il punto qui è un altro: Kimmel è stato sospeso per aver pronunciato una frase sgradita, fra gli altri, a Trump, che non vedeva l’ora di potersi rifare sul conduttore: «Ottime notizie per l’America: il Jimmy Kimmel Show, in difficoltà con gli ascolti, è stato CANCELLATO», ha scritto su Truth Social, citando un altro paio di comici da estromettere. Insomma anche la destra americana è in preda alla «cancel culture», di solito appannaggio di altri? Karen Attiah, editorialista di punta del Washington Post, è stata appena licenziata per le sue parole su Charlie Kirk. Attiah - che in passato ha rilanciato affermazioni orribili dopo l’attentato del 7 ottobre - forse non avrebbe dovuto mai ricoprire quell’incarico. Ma anche qui il punto è un altro, come scrive Adam Rubenstein su The Free Press: «Quello che ritengo difendibile è il suo diritto di esprimere anche opinioni sgradevoli — e di continuare a lavorare nella sezione opinioni del Post, da cui sostiene di essere stata allontanata la scorsa settimana per la sua reazione all’assassinio di Charlie Kirk».
Se sei a favore della libertà d’espressione, anche la più radicale, se sei la patria del free speech, o lo sei sempre stata, o almeno dici di esserlo sempre stata, se sei la destra presunta libertaria che si batte per la libertà di parola, ecco, allora devi anche poter sostenere l’idea che qualcuno dica cose spregevoli. È spregevole gioire di Kirk dopo la sua morte? Sì. È lecito criticare Kirk per le sue posizioni politiche? Certamente. È lecito difendere Kirk per le sue posizioni politiche e criticare chi attacca Kirk, attribuendogli cose che non ha mai detto? Sicuro. Un conto sono le parole, anche d’odio, un altro le pallottole. Un conto sono le parole, anche spregevoli, un altro è togliere il lavoro a chi le pronuncia.