DAVID ALLEGRANTI
Pecore Elettriche

In cella senza futuro, è l’altra condanna

Due donne sono decedute nel carcere delle Vallette a Torino, a poche ore di distanza. La prima, 42 anni, madre di un bambino di quattro anni con problemi di autismo, si è lasciata morire di fame e di sete. La seconda, 28 anni, si è impiccata

Pecore elettriche
Pecore elettriche

Firenze, 13 agosto 2023 – Due donne sono morte venerdì nel carcere delle Vallette a Torino, a poche ore di distanza. La prima, 42 anni, madre di un bambino di quattro anni con problemi di autismo, si è lasciata morire di fame e di sete. "Sono davvero rammaricata, ma dal carcere non ci sono mai giunte segnalazioni relative a questa persona", dice Monica Cristina Gallo, garante per i diritti delle persone private della libertà personale a Torino. Una detenuta invisibile, dunque, di cui nessuno sembrava saper niente. Altro insomma che Alfredo Cospito: "Il carcere vero è quello del detenuto comune", scrive Goliarda Sapienza ne "L’università di Rebibbia".

La seconda, 28 anni, si è impiccata nella sua cella. "Spiegare l’altissimo numero dei suicidi in carcere non è facile, già di per sé spiegare l’andamento dei suicidi in generale è complesso e controverso", mi ha detto una volta il filosofo del diritto Emilio Santoro: "Intuitivamente ogni suicidio ha una sua storia particolare connessa alla personalità. Il primo che ha ipotizzato che si potesse studiare l’andamento dei suicidi come un fatto sociale fu Durkheim nel suo famoso studio di fine Ottocento". Il sociologo francese propose 4 tipologie di suicidio, tra le quali particolare rilevanza per capire il suicidio in carcere ha il suicidio anomico, cioè il suicidio dovuto al disorientamento di chi si trova a vivere in una società senza ordine che mette in discussione i principi considerati scontati: "L’anomia è infatti la situazione tipica delle carceri italiane – mi disse ancora Santoro - che annichiliscono e infantilizzano la personalità dei detenuti, privi di diritti". Detto insomma che ogni suicidio fa storia a sé, la situazione del carcere italiano è il trionfo dell’anomia, appunto. È fuori legge il sovraffollamento (Antigone ha calcolato che il tasso di affollamento reale viaggia intorno al 121 per cento), è fuori legge – peggio, fuori dalla Costituzione – la mancanza di reinserimento sociale dei detenuti, che si suicidano anche quando stanno per uscire dal carcere, magari perché là fuori non c’è niente ad attenderli. Molti detenuti, peraltro, con una pena inferiore ai quattro anni, potrebbero avere accesso alle misure alternative. Il che alleggerirebbe il peso delle carceri e permetterebbe un percorso di recupero: "Al 30 giugno – scrive Antigone nel suo dossier sull’‘Estate in carcere’ - stava scontando un residuo di pena inferiore all’anno il 17,9 per cento delle persone detenute con una condanna definitiva, addirittura il 24,3 per cento delle persone straniere, mentre quelli in carcere con un residuo pena inferiore ai tre anni erano un esorbitante 51,2 per cento dei definitivi, ben 21.753 persone. Se si favorisse l’accesso anche di solo una parte di costoro alle misure di comunità il sovraffollamento probabilmente sparirebbe. Ma soprattutto sparirebbe se il carcere riuscisse a mettere in campo strategie di reinserimento sociale efficaci". Al 31 dicembre 2021, dei detenuti presenti nelle carceri italiane, il 62 per cento in carcere c’era già stato almeno un’altra volta; il 18 per cento c’era già stato addirittura 5 o più volte: "La recidiva del carcere è dunque altissima e misure efficaci per prevenirla, e favorire percorsi efficaci di reinserimento sociale, avrebbero sul sovraffollamento un impatto enorme". Pronto, Carlo Nordio?

[email protected]