REDAZIONE MONTECATINI

Protesi d’anca, nuove tecnologie in campo

L’impianto a doppia mobilità utilizzato al Santa Rita Hospital è utile anche nei pazienti giovani. Lorenzo, 38 anni, è tornato a fare sport

Secondo l’ultimo report pubblicato dal Riap (Registro italiano di artroprotesi) sono quasi 40.000 le protesi d’anca realizzate nel 2019 (ultimo anno monitorato e pubblicato). Una particolare protesi d’anca è quella ’a doppia mobilità’: nonostante sia stata inventata negli anni ’70 in Francia, rappresenta tutt’oggi la principale innovazione nel campo delle protesi d’anca.

"La protesi a doppia mobilità consente un doppio movimento – spiega Gianni Nucci, responsabile dell’Unità di Ortopedia e traumatologia a Santa Rita Hospital, accreditato con il sistema sanitario –. Questo costituisce un grande vantaggio per il paziente, a partire da una maggiore naturalezza del movimento. Inoltre, la protesi non viene percepita come un elemento estraneo e si riduce notevolmente il rischio di lussazione dell’anca, l’evenienza più funesta e probabile nei casi di impianto". Studi recenti – come quello dell’Hospital for special surgery di New York - hanno visto che le sue caratteristiche peculiari la rendono una protesi ottimale non solo per il paziente anziano ma soprattutto per i giovani: oltre alla riduzione della percentuale di lussazione, la protesi a doppia mobilità ha un consumo più tardivo rispetto alle protesi tradizionali in quanto il movimento è smaltito da due articolazioni invece che da una sola; risponde inoltre alla elevata richiesta funzionale del paziente giovane, restituendo una qualità di vita migliore.

Un esempio lampante di come le protesi a doppia mobilità consentano di tornare ad una normalità specialmente in pazienti giovani è il caso di Lorenzo, operato a soli 38 anni.

A causa di un consumo idiopatico dell’anca (ovvero senza trauma o patologia specifici), Lorenzo muoveva questa articolazione nel modo sbagliato portando nel tempo a forti dolori e a problemi di deambulazione, da qui la decisione per l’intervento.

"Praticavo saltuariamente ciclismo e giocavo a calcetto, durante e dopo tutte queste attività fisiche avvertivo che il dolore era sempre più accentuato. Quando mi sono sottoposto all’intervento avevo un dolore costante e non riuscivo quasi più a camminare. L’intervento ha dato risultati sbalorditivi – racconta Lorenzo –. Già nei giorni successivi all’operazione ho iniziato la riabilitazione. Questo ha fatto in modo che riuscissi a riprendere a camminare nei tempi previsti. Sono tornato a praticare sport rimettendomi perfettamente".

"La protesica moderna ci consente interventi con risultati immediatamente visibili al paziente: il giorno prima non cammina dal dolore e il giorno dopo l’intervento sta in piedi con dolore quasi nullo – commenta il Nucci –. Inoltre, adottiamo l’approccio mininvasivo, tecnica sviluppata da me che avrò il privilegio di insegnare a tutti gli specializzandi italiani in occasione del congresso nazionale della Società italiana di ortopedia e traumatologia a novembre".