
Un rifugio part-time. Mancano ‘guardiani’ e la casa di via Godola tiene le porte chiuse
C’è un luogo nella città che silenziosamente la sera accoglie i senza tetto. Uomini e donne che non hanno avuto quell’occasione in più e nella casa di via Godola trovano un tetto sotto il quale rifugiarsi, il conforto di un letto dove coricarsi. La casa di via Godola è nata nei primi anni ’80, che con la pandemia è rimasta chiusa quasi tre anni ed ha potuto riaprire le sue porte a ottobre. Di nuovo un rifugio ma solo per due settimane al mese, Già, solo due settimane al mese perchè non ci sono abbastanza volontari per garantirne l’apertura quotidiana. L’appello per coinvolgere nuovi volontari lo ha lanciato anche dal pulpito don Maurizio Manganelli, parroco di San Pio X.
"La casa di via Godola – ha detto il sacerdote – offre un riparo ai senza tetto e sarebbe bello poter offrire questo aiuto tutti i giorni. Ad oggi purtroppo non è possibile, perchè non ci sono abbastanza uomini per coprire tutti i turni, ma chi volesse provare l’esperienza di un volontariato forte è il benvenuto. E’ l’occasione per conoscere una diversa umanità e magari abbattere qualche pregiudizio. Più siamo siamo nella squadra meno pesa l’impegno che si può così suddividere in una rete più ampia di volontari".
"Riaprire la casa – ha spiegato Gino Buratti, storico volontario – è stata una bella ed emozionante conquista. Il bisogno di offrire di nuovo questo servizio è stato molto forte per tutti noi. Prima della pandemia eravamo quasi una cinquantina di volontari, adesso molti meno e per questo non riusciamo a tenere aperto tutte le notti. Sarebbe necessario però, perchè purtroppo le richieste non mancano. La casa offre riparo ad un massimo di nove persone. Ci sono tre camere, una con tre letti, un’altra con due e la terza con quattro posti: in base alla composizione del nucleo degli ospiti si decide come gestirli. I turni si dividono in due squadre di volontari. Il primo gruppo, dalle 19 alle 21, si occupa dell’accoglienza e prepara la cena, poi due volontari dalle 21 alle 7 rimangono a dormire nella casa e preparano la colazione. C’è anche il servizio doccia. La nostra speranza è trovare nuovi volontari perchè siamo consapevoli che ad oggi è un servizio a metà".
Per accedere alla casa di via Godola i senzatetto devono prima recarsi al Centro di ascolto Caritas della chiesina di San Pio X, in via Celi a Massa, chiusa al culto da quasi trent’anni. Proprio da qui parte la rete di aiuto che si sviluppa in modo capillare tra le diverse realtà associative del territorio. In passato la casa di via Godola invece era gestita dall’Associazione Volontari Ascolto e Accoglienza. "L’essenza della casa – dice Gino Buratti – è da sempre quella di stabilire delle relazioni con le persone che vengono, di porsi delle domande, come per esempio perchè alcuni di loro sono esclusi dal sistema sociale. Ci sono molti uomini e molte donne che vivono per strada e fanno fatica ad entrare nel tessuto sociale fatto di regole ed è importante tendere loro la mano".