Rsu contro la dirigenza: "E’ piegata alla politica"

Arpat: lettera all’assessora Monia Monni dei rappresentanti dei lavoratori

Durissimo affondo delle Rsu dei lavoratori Arpat nei confronti della dirigenza dell’Agenzia regionale, in una lettera inviata all’assessora all’ambiente Monia Monni e a tutti i dipendenti. Sotto accusa la gestione del personale e la mancanza di assunzioni che invece sarebbero essenziali al buon funzionamento dell’agenzia stessa. Secondo le Rsu, la dirigenza "non ha ben inteso quale sia la natura dell’Arpat dopo la modifica normativa del 2019 e, forse, anche prima. Non decide in autonomia per il meglio dell’ente amministrato, del personale dipendente, dei cittadini e, soprattutto, dell’ambiente, ma si fa dettare le condizioni dalla politica regionale anche in tema di bilancio e assunzioni". Sotto tiro la delibera ‘tanto attesa’ della giunta regionale che "autorizza Arpat ad assumere nel 2024 13 unità a tempo indeterminato e 5 a tempo determinato (per i progetti Pnrr), superando il tetto di spesa del 2016 solo nel 2025. La premessa della stessa delibera evidenzia che tale vincolo imposto dalla Regione (tetto 2016) si applica solo agli ‘enti dipendenti’, cosa che Arpat, appunto dal 2019, non è più. In precedenza, la progressiva riduzione del costo del personale imposta dalla politica regionale, aveva quasi fatto collassare l’Agenzia, costringendo a ridurre e, in alcuni casi, a dimezzare le attività di controllo e tutela dell’ambiente, perdendo professionalità, competenze e autorevolezza anche a livello nazionale". Per le Rsu dell’Agenzia la situazione poteva essere cambiata perché dal 2019 l’Agenzia "avrebbe dovuto fare le proprie politiche del personale rispettando solo i vincoli nazionali in materia di contenimento della spesa pubblica con l’unico obbiettivo di garantire le prestazioni obbligatorie stabilite dalla propria carta dei servizi, cioè tutto quanto necessario alla tutela ambientale ed alla salute pubblica in Toscana. Gli stessi atti emanati dalle direzioni dell’Agenzia in questi ultimi anni, infatti, definiscono una spesa massima ammissibile di personale per 686 unità di cui 70 dirigenti, ma non prevedono mai un piano di assunzioni per raggiungerla nel breve o medio periodo e neppure per avvicinarsi". Per i rappresentanti dei lavoratori una scelta dovuta alla "preoccupazione di non irritare il decisore politico regionale, che continua a ritenere la tutela dell’ambiente conte un costo ed un ostacolo allo sviluppo e l’Agenzia come oggetto che tenta di sfuggire al suo controllo. Oltre ad emanare indirizzi (inapplicabili per Arpat) vessatori e insensati (senza alcuna vera analisi costi/benefici), la Regione ha scelto persone che abdicassero al proprio ruolo. Con la riforma del 2019, che ha certificato per legge la sua autonomia, grazie ad una dura battaglia politica e sindacale, Arpat poteva avere assunto quasi 100 persone in più rispetto alla dotazione organica attuale, garantendo così sia un normale turnover (l’età media ormai supera i 55 anni), sia un affiancamento per evitare di perdere quel patrimonio di competenze ed esperienza che l’aveva resa un punto di riferimento in Italia". Scelte, concludono, che rappresentano un compromesso al ribasso e che nasconderebbe in realtà "un problema di conti fuori controllo della sanità regionale (si parla di almeno 300 milioni sul 2023) che hanno fatto pagare ad Arpat già 10 milioni in 2 anni (soldi restituiti alla Regione), nonostante, con i suoi circa 600 dipendenti e i 60 milioni di bilancio, valga poco più del 1% di tutto il sistema sanitario regionale".