"Io, vittima di usura bancaria Casa pignorata e zero aiuti"

La denuncia dell’imprenditrice Alfreda Pistone, storica commerciante "Ho chiesto un mutuo di 140mila euro e in venti anni devo restituirne 241mila"

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di Renato Bruschi

"Mi chiamo Alfreda Pistone, sono una Partita Iva dal 1987". Inizia così il racconto di una commerciante massese, originaria del Piemonte che ieri ha convocato una conferenza stampa, nel teatro dei Fratelli Cristiani, per raccontare la sua drammatica storia di imprenditore "vittima dell’usura bancaria". Con lei sono intervenuti il commercialista e consulente Carmine Mario Germinara e l’avvocato Claudio De Filippi del foro di La Spezia. "Vorrei sensibilizzare l’opinione pubblica - ha detto con amarezza - su un tema molto complesso e che riguarda i finanziamenti che gli istituti bancari erogano a imprenditori e non solo". La sua storia, in sintesi, ha a che fare con errori di valutazione compiuti in buona fede, mutui, regolamenti, notai, periti e banche: una lunga trafila di passaggi che, alla fine, hanno portato alla perdita della propria casa, messa all’asta per recuperare le "rate non pagate". "Posso dire a gran voce – racconta - che sono usurata: avevo chiesto un mutuo di 140mila euro e in venti anni la banca mi ha chiesto di restituire 241mila circa, ovvero quasi 100mila euro in più". Purtroppo durante la pandemia e subito dopo, ci sono stati problemi nell’attività e quindi la signora Pistone non ha potuto provvedere i debiti. E così hanno pignorato la casa e successivamente venduta ad un prezzo assai inferiore al valore reale. "Ho fatto di tutto per poter chiedere aiuto anche ai fondi di garanzia regionali messi a disposizione dallo Stato per gli imprenditori che sono vittima di usura. Ogni città c’è una associazione, che valuta le pratiche ma a Massa non c’è stato modo per poter accedere perché "non avevo i requisiti", cioè avevo una contestazione con l’unica banca che eroga il credito". Certa di aver subito un torto da parte dello Stato, e forte della sua fede religiosa, si è rivolta allo studio del commercialista Germinara che, in conferenza stampa, ha dichiarato "ho esaminato il contratto della signora Pistone e purtroppo ho dovuto constatare vari vizi contrattuali, in particolare "indeterminatezza, anatocismo e usura". Questi riscontri sarebbero bastati a chiedere la sospensione del pignoramento, ha spiegato l’avvocato De Filippi: purtroppo sono avvenuti troppo tardi, quando la casa era già stata messa all’asta. Germinara, che da anni si occupa di finaziamenti, come presidente dell’ASSUBA (associazione utenti bancari) ha spiegato che tutto ciò è possibile perché in Italia manca una legislazione adeguata, nonostante le numerose sentenze tra cui quella del tribunale di Massa Carrara, la 797 del 2018, che hanno fatto chiarezza sulla questione. Quando nei contratti di mutui e nei relativi piani di ammortamento viene rilevata una indeterminatezza del tasso di interesse in regime di capitalizzazione composta, si può procedere alla sospensione del contratto stesso poiché "non soddisfa il requisito di determinabilità univoca del tasso di interesse. "E questo – ha detto Germinara - è il caso della signora Pistone". La stessa disamina, con perizie alla mano, è stata fatta per l’anatocismo (ovvero il calcolo degli interessi sugli interessi che sono già maturati su una somma dovuta, ndr) e per i possibili profili di usura. Da qui la richiesta alla collaborazione con tutte le istituzioni e in particolare con quelle sensibili alle questioni etiche e l’appello conclusivo di Alfreda Pistone rivolto a coloro che hanno o intendono stipulare un mutuo: "consultate diverse banche, centri specializzati, esperti del mondo bancario e associazioni, per non cadere nella stessa trappola in cui sono caduta io".