Inquinamento ’colpevole’. L’Ispra non fa sconti. Accuse a enti e imprese

Ci sono responsabilità sia del pubblico che del privato con ’azioni’ e ’omissioni’ "Quanto fatto per gestire e contenere gli impatti da marmettola non è sufficiente".

Inquinamento ’colpevole’. L’Ispra non fa sconti. Accuse a enti e imprese

Inquinamento ’colpevole’. L’Ispra non fa sconti. Accuse a enti e imprese

Un inquinamento ‘colpevole’, per azioni e omissioni sia da parte del pubblico che del privato e a cui nessuno sembra voler mettere mano in maniera seria e condivisa. L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, Ispra, presieduto da Stefano Laporta, mette al muro istituzioni e imprese per la vicenda della marmettola nei corsi d’acqua afferenti alla zona delle Alpi Apuane, partendo dal caso specifico del Carrione ma ampliando lo sguardo all’intero comprensorio dove esiste un distretto lapideo con attività estrattive che insistono sopra falde e sorgenti di primaria importanza. "Il problema dell’inquinamento da marmettola dei corpi idrici superficiali afferenti alle sorgenti delle Alpi Apuane ha origine lontana nel tempo e la sua entità ed estensione non riguarda soltanto il torrente Carrione" scrive Ispra ricordando che Arpat ha monitorato più volte la situazione evidenziando come l’inquinamento da marmettola "rappresenta una significativa criticità ambientale in quanto è in grado di deteriorare lo stato ecologico degli stessi, generando un impatto anche a lungo termine, in particolare, su uno degli elementi di qualità biologica (macroinvertebrati bentonici) e su uno degli elementi idromorfologici (struttura e substrato dell’alveo)". Quanto fatto dagli enti territoriali per "gestire e contenere gli impatti da marmettola" "non appare sufficiente per risolvere tale criticità ambientale, che continua a manifestarsi, in particolare, dopo un’intensa precipitazione".

Le cause? Per Ispra "non corretta gestione (separazione e successiva raccolta), dei suddetti materiali dalle acque dilavanti in cava o dalle acque risultanti dalle operazioni di taglio", "degli impianti di depurazione delle acque di cantiere" e "dei derivati da taglio (materiale diverso da blocchi ed informi prodotto durante le lavorazioni)". Che fare? E’ vero, Arpat e Università di Firenze, come anticipato qualche settimana fa da La Nazione, hanno sottoscritto un accordo per un progetto di ricerca che riguarda proprio l’inquinamento da polveri negli acquiferi carsici delle Apuane ma serve di più per Ispra e il Ministero dell’ambiente: "Considerando il contesto ambientale dell’area, si rende necessario ribadire la presenza di una significativa criticità ambientale su tutti quei corpi idrici superficiali afferenti ai bacini marmiferi delle Alpi Apuane con il conseguente rischio di produrre impatti significativi ed irrimediabili nel lungo periodo". Il richiamo è netto.

Ai gestori dei siti estrattivi si richiede di adottare "di misure di prevenzione, peraltro già più volte ribadite nelle opportune sedi da Arpat e dalla Regione Toscana, rappresentate da: la sistematica rimozione e smaltimento del materiale detritico accumulato nei ravaneti, lungo le strade di collegamento dei cantieri e nelle aree e piazzali adibite ad attività estrattiva; il rispetto delle prescrizioni dettate nei piani autorizzativi comunali, in particolar modo per la gestione delle acque meteoriche dilavanti e di lavorazione; la limitazione delle attività connesse al taglio dei blocchi entro una distanza tale da non arrecare danneggiamento, in relazione agli habitat e ai corpi idrici superficiali e sotterranei circostanti; la messa in atto di misure di prevenzione adeguate in merito alla movimentazione della polvere causata dal passaggio di mezzi pesanti, quali, ad esempio, la copertura con teli del materiale trasportato e l’opportuna bagnatura delle gomme dei mezzi di trasporto prima di procedere all’esterno dell’area; il monitoraggio periodico degli habitat associati ai corpi idrici superficiali (se ritenuto opportuno dagli Enti preposti)".

Francesco Scolaro