
di Claudio Laudanna
E’ sempre la cava 17 ’Ruggetta A’ della Calacata Crestola ad avere il materiale più pregiato. Il valore medio del materiale estratto in questa cava è di ben 673,01 euro la tonnellata, ben 104 euro in più di quanto valeva, secondo le stime del Comune, due anni fa, con un incremento in percentuale del 18,35 per cento. In scia ci sono poi, come nel 2018, le cave 103 e 102, ’Calocara B’ e ’Calocara A’ coltivate rispettivamente dalla F.B Cave e dalla Gemignani &Vanelli marmi i cui blocchi valgono, nell’ordine 642,28 euro la tonnellata e 634,16. Subito dopo viene poi la numero 68 ’Bettogli B’ della Bettogli Marmi srl con un valore medio di 591,73 euro la tonnellata. Per tutte queste le nuove valutazioni fatte dagli uffici comunali sia per quanto riguarda i valori dei singoli materiali estratti, quanto per quello che riguarda le schede merceologiche diogni singola cava, hanno prodotto un aumento medio dei valori della produzione attorno al 20 per cento e di conseguenza anche un conto più salato da pagare al Comune. In generale il valore medio delle pietre estratte dalle nostre cave è passato da 170 a 177 euro la tonnelata, per un aumento di circa il 4 per cento. "Con questo incremento – spiega il vicesindaco Matteo Martinelli – avremo un maggior gettito per le casse del Comune: se la produzione si attesterà sui livelli degli anni precedenti, dal marmo potrebbero arrivare da 1,9 a 2,3 milioni in più, anche se con l’incognita Covid che ancora aleggia a livello globale in questo momento è davvero azzardato fare previsioni".
Ogni cava, è bene ricordarlo, per ogni passaggio alla pesa deve pagare una tariffa che è composta da un contributo d’estrazione che va alla Regione e che è pari al dieci per cento del valore del blocco, più un ulteriore 5 per cento come canone di concessione che va alle casse comunali e che, tuttavia, si calcola solo basandosi sulla percentuale di cava che fa parte degli agri marmiferi che, stando alle tabelle comunali, equivarrebbero a circa il 65 per cento del totlae. Delle 80 cave attive nei nostri tre bacini, dunque, sono 26 quelle esclusivamente agro marmifero, 33 quelle che lo sono per almeno il 90 per cento e 54 quelle che lo sono per più della metà. Otto sono invece quelle che di agri comunali non ne hanno nemmeno una piccola parte a cui se ne aggiungono altre tre che ne hanno meno del 10 per cento. Ecco allora che alla luce di tutti quetsi calcoli è la cava 102 con il suo 77,49 per cento di agro marmifero a pagare il conto più salato, vale a dire 24,57 euro la tonnelata di canone che diventano 87,99 con il contributo regionale. In generale le 72 cave che almeno in parte rientrano ra gli agri marmiferi pagano in media poco meno di 6 euro di canone di concesisone, mentre il cotributo d’estrazione e di circa 18 euro la tonnelata.