
A 102 anni da Vittorio Veneto rimane intatta la memoria dei piloti lunigianesi che si batterono al fronte: pionieri dell’aria e coraggiosi interpreti di gesti eroici rimasti a molti sconosciuti. Un ruolo di primo piano lo giocò il villafranchese Flavio Torello Baracchini, uno dei primi assi dell’aviazione italiana con Francesco Baracca ad affrontare gli Austriaci nella prima guerra mondiale. Classe 1895, si arruolò volontario e conseguito il brevetto di pilota venne assegnato al campo di Borgnano da cui inizierà l’ascesa verso le vette della notorietà. In due anni riuscì ad abbattere 31 apparecchi nemici. Fu ferito due volte e decorato con la medaglia d’oro al valore. Morirà dieci anni dopo la fine del conflitto in seguito a nuove ferite riportate per lo scoppio di una miscela carburante per aeroplani che stava sperimentando.
Un altro intrepido aviatore lunigianese fu Ernesto Fogola, classe 1981, nativo di Montereggio, figlio di librai, dapprima sottotenente di fanteria in azione sul Carso dove guadagnò una medaglia d’argento al valore poi dal novembre del 1916 nelle squadriglie da bombardamento. Morì in combattimento il 24 agosto del 1917 abbattuto mentre stava bombardando una stazione ferroviaria in terra austriaca. Infine Pietro e Vittorio Sordi di Aulla, fratelli coraggiosi che da mozzi diventarono piloti. Il primo fu compagno di volo di D’Annunzio e di Aimone di Savoia-Aosta, ottenne la medaglia d’argento al valore e diventò dopo il conflitto uno dei piloti più esperti ed ammirati dell’aeronautica. Vittorio fu più sfortunato morì l’8 gennaio del 1918 precipitando con il suo idrovolante, ma anch’egli guadagnò una medaglia di bronzo. Ma nel calendario della storia dietro imprese eclatanti come il volo su Vienna di Gabriele D’Annunzio il 9 agosto 1918, si scopre il contributo determinante del tecnico aeronautico aullese Luigi Barchetta Piergiacomi ( scomparso nel 1986) che modificò l’"Ansaldo SVA 5" per consentire al "divino poeta" col pilota Natale Palli di sostenere il raid lungo mille chilometri, di cui ottocento in territorio nemico.
Inviato dapprima al fronte nella fanteria e poi allo stabilimento Ansaldo di Genova fu proprio Barchetta Piergiacomi a suggerire ai progettisti le modifiche strutturali necessarie per il lungo volo degli 11 apparecchi che dovevano accompagnare D’Annunzio. Gli ingegneri Savoia e Verduzio scomodati in tutta fretta dal comando supremo per allestire gli aerei da inviare nell’impresa si accorsero subito delle capacità non comuni del giovane militare che esprimeva durante il lavoro di costruzione suggerimenti ed osservazioni veramente scientifiche. Tanto che furono accettate diverse modifiche da lui proposte in corso d’opera. E la tradizionale fortuna di D’Annunzio fu anche quella del giovane carpentiere ed ebanista che si era riscoperto un genio leonardesco.
Il biplano monomotore dell’Ansaldo, da 220 hp con un’apertura alare di 9,18 metri e un peso di 700 chilogrammi, poteva raggiungere i 215 chilometri orari. Ma durante il tragitto il motore si arrestò ben tre volte e il poeta fu sul punto di bere il veleno che portava sempre con sé. Solo sette degli undici apparecchi riuscirono ad arrivare nel cielo di Vienna e a lanciare 50 mila volantini contenenti espliciti inviti alla resa. Partiti alle 5.50 del mattino gli aerei fecero ritorno alle 12.40 al campo di San Pelagio presso Treviso. Il raid ebbe un grande successo propagandistico in tutto il mondo e anche il giovane carpentiere Barchetta Piergiacomi ebbe i suoi elogi. Indirettamente aveva consentito un’impresa per la quale D’Annunzio fu proposto per la medaglia d’oro. Anche se è trascorso molto tempo la memoria del valore e del coraggio dei piloti lunigianesi, tra i primi dell’aviazione italiana, rimane tracciata indelebilmente nella storia.
Natalino Benacci